RUMOR(S)CENA – CATANIA – “La cosa principale è ama gli altri come te stesso, ecco che cosa è importante, ed è tutto, non occorre proprio nient’altro: sarebbe subito possibile mettere tutto in ordine. Ma questa è soltanto una vecchia verità, che è stata ripetuta e letta un miliardo di volte, ma che non ha messo radici!”. Fedor Dostoevskij fa pronunciare queste parole al grottesco protagonista del suo racconto fantastico “Il sogno di un uomo ridicolo“,scritto nel 1876, racconto cupo che si concentra sulla terribile e disperata condizione umana. Ad interpretare questo solitario personaggio alla Sala Verga di Catania, , nell’ambito della stagione di prosa 2022/2023 dello “Stabile” etneo, è Gabriele Lavia, uno dei mattatori della scena italiana, autore della traduzione, dell’adattamento e della regia.
“Il sogno di un uomo ridicolo”, atto unico, rappresenta per il pubblico del “Verga” l’occasione per assistere ad una impeccabile prova d’attore di Gabriele Lavia, artista che si è confrontato in più momenti della sua carriera con questo testo che ritiene tra i più sconcertanti dell’autore russo. La storia narrata è quella di un uomo, deriso da tutti sin da piccolo e deciso a suicidarsi. Sedutosi sulla poltrona a fianco della scrivania, apre il cassetto ed estrae la pistola. Improvvisamente, però, si addormenta e inizia a sognare la propria vita oltre la morte, in un pianeta del tutto simile alla Terra, abitato da splendidi esseri non ancora corrotti “dalla prima caduta, dal primo peccato”. Quest’uomo a differenza degli altri uomini dannati, ha scoperto il segreto della bellezza e della felicità: “ama gli altri come te stesso”, ma in questa assurda proposta d’amore per il prossimo si trova tutta la sua “ridicolaggine”.
Lavia, con una regia asciutta, essenziale, costruisce uno spettacolo coinvolgente e si mette alla prova ancora una volta, in quello che è il suo cavallo di battaglia, con un notevole esercizio fisico recitando – alla veneranda età di ottanta anni- avvolto come in un sudario nella camicia di forza per tutta la durata dello spettacolo. Con lui sul palco, nel ruolo silenzioso del suo alter ego, anche Lorenzo Terenzi. Su un palco vuoto, ricoperto interamente di terriccio e sabbia (è presente solo una scrivania, una poltrona e l’inquietante pupazzo di una bambina) Gabriele Lavia, segue il testo del racconto di Dostoevskij, supportato dal minuzioso gioco luci di Giuseppe Filipponio, che miscela il nero delle tenebre con una luce bianca e si muove ingabbiato, si sposta, arranca e saltella, crolla e si rialza, si lascia andare in urla o risate strozzate, offrendo un monologo intenso, spiazzante, ricco di mille e profondi significati. Lavia ci mette il giusto pathos, dosa movimenti e voce, coinvolge lo spettatore nel suo grottesco sogno che è un incubo tra cielo e terra e alla fine si conquista gli applausi da standing ovation del pubblico in sala.
Una pièce che ha dato negli anni e che continua a dare a Lavia, autentico gigante del palcoscenico, tante soddisfazioni ed un testo quello di Dostoevskij che si rivolge alla società intera e ne denuncia i vizi che la allontanano dalla felicità fondata semplicemente sull’amore e sulla solidarietà, al posto dell’avidità e dell’egoismo.
Traduzione e adattamento Gabriele Lavia. Regia Gabriele Lavia. Con Gabriele Lavia, Lorenzo Terenzi. Luci Giuseppe Filipponio, fonica Riccardo Benassi. Produzione Effimera. Stagione Teatro Stabile di Catania. Foto Filippo Manzini.
Visto il 28 marzo 2023 alla Sala Verga di Catania