Recensioni — 07/04/2023 at 15:03

L’albero della vita e della morte. Un Romeo e Giulietta

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RUMOR(S)CENA – MILANO – Si dice, giustamente, che William Shakespeare sia il più grande creatore di personalità sceniche nella storia millenaria del teatro, eppure nel suo Romeo e Giulietta, dramma universalmente famoso ma anche del pari forse equivoco e difficilmente maneggiabile nella sua intima significanza estetica, il Bardo sembra omettere dai suoi personaggi ogni specifica personalità per farne canali e simulacri (Avatar si potrebbe dire in quella lingua del tempo corrente che innerva la nuova e bella traduzione di Chiara Lagani) in cui si incanala come linfa l’energia dell’Amore, unico sembiante di radicata realtà tra umano e oltre-umano, e attraverso di essa spinge alla morte.

ROMEOeGIULIETTA (da sx Anita Serafini, Francesco Gheghi) foto ®MasiarPasquali

Il Romeo e Giulietta di Mario Martone visto al Piccolo di Milano, che per la prima volta lo produce nei suoi settantacinque anni di attività, si scopre così sorta di dramma metafora della vita che nella e con la parola amore tutto ingloba e totalizza, tra contrasti e disfunzionalità che da familiari si fanno sociali, e che sembra per questo invocare la Morte per poi cercarla e infine tragicamente raggiungerla, quasi non ci fossero nel suo apparire e nel suo essere equivoci e intoppi ma solo atti mancati.

Lo sguardo drammaturgico del regista, certamente originale e per questo in certi sui passaggi di difficilmente condivisibile decifrazione, legge nella trama sapientemente intrecciata del dramma il senso oscuro di un oggi che forse può ancora essere salvato se ricollegato, con i suoi fili sospesi e abbandonati, all’universalità di energie e sentimenti che, come alternata e nascosta elettricità, ancora li percorre.

ROMEO e GIULIETTA foto di scena foto©Masiar Pasquali

Così lo astrae in un certo senso, ed eliminando ogni riferimento urbano (forma indiscussa della moderna socialità), riconsegna alla Natura l’irriducibilità dei contrasti che compongono l’esistenza di tutti e di ciascuno, dal contrasto tra Potere e Libertà agli attriti tra generazioni, anzi alla progressiva assenza di questi attriti nelle megalopoli odierne che rende quasi infeconde le età dell’uomo, abbandonato ad una maturità psicologicamente avara e ad una adolescenza ripiegata in sé che sembra non poter riconoscere alcun futuro ai propri sogni e alle proprie aspettative.

Mario Martone foto ©Masiar Pasquali

Quella trama si fa dunque incubatore di incubi presenti e di incubi futuri che solo la morte sembra in grado di ri-solvere dentro il fluire della Storia e delle storie. L’amore contrastato, più da se stesso che dagli altri, dei due giovanissimi Romeo e Giulietta (i bravi e promettenti Francesco Gheghi e Anita Serafini) non ha dunque i colori tenui dell’albeggiare ma bensi le tonalità sanguinose di un crepuscolo che cade immaturo senza aver mai attraversato alcun mezzogiorno. La sua regia oscilla così, in persistente pendolarismo, tra la permanenza di un eterno ritorno della Natura capace di auto-riprodursi e la contingenza fragile di quelle tante vite che si affannano aggrappate ai suoi rami e che anche nella felicità mantengono i toni aggressivi di una malinconia da perdita inconsolabile del sé.

Identità transitorie che non sembrano avere il tempo di riconoscersi e tra di loro accettarsi. In fondo così è oggi perché così era allora nella umbratile fantasia che da sempre percorre i palcoscenici del mondo e della vita. Un mondo e una vita che non hanno età da vivere ma che di quelle età cercano, quasi invocandole, storie da raccontare.

Martone sceglie di conservare il testo nella sua interezza, salvo piccoli tagli di scene e personaggi e brevi sospensioni, e insieme a Chiara Lagani compie una sorta di operazione sanguinetiana, il Sanguineti per il quale <<tradurre è tradire, anche quando la traduzione è a calco>>, incidendo e incistando, come un fantasioso giardiniere, il tronco di quella pianta con coerenti innesti che meglio possano svelare il flusso profondo del racconto ed il significato che si è voluto leggervi e trasmetterci.

È una scena, in cui trionfa il ramo che da sempre ci sostiene, felicemente affollata quella apparecchiataci da Mario Martone, tra giovani talenti e attori di provata qualità che si fanno carne di una trasfigurazione dei personaggi che vuole renderceli compagni di strada, quasi fossero coetanei che però vengono da lontano.

Così la balia disegnata da Shakespeare diventa in Martone la Zia di Gulietta, che Licia Lanera è molto brava a tratteggiare con originalità trasformandosi in fondo nell’unica adulta in grado di affettivamente comunicare con i giovani che la circondano, mentre servi e parenti diventano compagni di bisbocce o imprevisti e inattuali gruppi rock ovvero DJ della movida da sballo di tanti fine settimana.

Ma soprattutto colpisce il fluire l’uno a fianco dell’altro, talora armonico talora conflittuale, dei linguaggi, in cui il verso sciolto del Bardo è più patrimonio dei giovani protagonisti, quasi un segno identitario che marca la differenza, mentre le parole violente dell’oggi sgorgano spesso dagli adulti quasi in un aggressivo impeto di annullamento di ciò che erano e non sono più.

Contrasti che sono il disegno barocco steso su un vuoto che spaventa.

Una messa in scena di grande effetto visivo, in cui si amalgano la preponderante scenografia, i costumi e il disegno luci, quasi a schermo di un mondo ctonio che talvolta si affaccia con le forme di un sotterraneo popolato di homeless, sostenuto da una recitazione nel complesso equilibrata (segnalo tra gli altri il Mercuzio di Alessandro Bay Rossi e il Capuleti di Michele Di Mauro), e che supera con buona padronanza la prova della lunga durata.

Non sempre peraltro i risultati scenici sono stati all’altezza delle intenzioni ma nel suo insieme risulta uno spettacolo di interesse.

Al Piccolo Teatro Strehler dal 2 marzo al 6 aprile 2023. Affollato e applaudito.

Romeo e Giulietta di William Shakespeare, traduzione Chiara Lagani, adattamento e regia Mario Martone, scene Margherita Palli, costumi Giada Masi, luci Pasquale Mari, suono Hubert Westkemper, video Alessandro Papa, regista assistente Raffaele Di Florio, assistente alla regia Giulia Sangiorgio, Michele Bottini, casting Paola Rota

Interpreti Alessandro Bay Rossi Emanuele Maria di Stefano Benedetto Sicca Alice Torriani Francesco Gheghi Edoardo Sabato* Federico Rubino Libero Renzi Michele Di Mauro Lucrezia Guidone Anita Serafini Leonardo Castellani Raffaele Di Florio Licia Lanera Jozef Gjura Francesco Nigrelli Clara Bortolotti* Gabriele Benedetti Michele Bottini (voce registrata) Giuseppe Benvegna, Giada Ciabini*, Carmelo Crisafulli, Cecilia Fabris*, Hagiar Ibrahim, Ion Donà*, Sofia Amber Redway*, Cateerina Sanvi*, Simone Severini.

*allievi del corso Claudia Giannotti della Scuola di Teatro Luca Ronconi del Piccolo Teatro di Milano.

Musicisti Leonardo Arena Francesco Chiapperini Giacomo Gagliardini.

Produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa. Foto di scena Masiar Pasquali.

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