Recensioni — 23/04/2023 at 10:00

Senza famiglia e senza patria

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RUMOR(S)CENA – BOLOGNA – Più che una drammaturgia vera e propria, questo lavoro di Pier Paolo Pasolini è una sorta di metafora che approda in scena, quasi trascinandosi tutti i suoi simboli, ma come abbandonata a se stessa, e come tutte le metafore sceniche abbandonate a sé stesse (cioè offerte in sacrificio al nostro giudizio che le illumini e ci illumini) è intrisa e nutrita di innumerevoli corrispondenze, di rapide e profonde suggestioni, di rimandi continui e intrecciati, ma è priva di una vera e propria intima, esplicita finalità estetica o etica, finalità che sembra stare consapevolmente, anzi direi istituzionalmente e programmaticamente, altrove.

Con Porcile, infatti, Pasolini non ci offre una tragedia quanto un poema poco epico e molto lirico (la prima versione che non divenne mai definitiva ‘mimava‘ il dantesco viaggio agli Inferi, e questo è qui forse utile per afferrarne il senso) e come tale quasi in balia delle sue suggestioni, tra attrazione e ripudio, tra immedesimazione simbolica e contrapposizione ideologica.

Entrambe forse a ricostruire una condizione culturale e anche esistenziale, in cui convivono l’attrazione per l’altro, il diverso, il morente, cioè colui che ormai è il non uomo, rifiutato ma ancora indispensabile, insieme alla impossibilità a far parte di un qualcosa che si riconosce come negativo ma che non si sa ancora con cos’altro sostituirlo, con il paradosso estremo costituito dal fatto che entrambe (l’immedesimazione e la contrapposizione) trovano la loro rappresentazione figurativamente simbolica nei maiali. Il mondo del padre contro il mondo del figlio, il mondo del figlio contro il mondo del padre, ma anche dentro di esso, inestricabilmente e ineluttabilmente in esso prigioniero condannato senza processo.

Il porcile è così il luogo della fuga dall’identità e insieme della ricerca di una nuova identità. La prima diventa sacrificio nel suo essere mangiata (come non sentire in ciò l’eco della passione del Cristo) ma, al contrario del Cristo, senza alcuna possibile redenzione, nel segno del pessimismo irredimibile (esteticamente prima che psicologicamente o ideologicamente), del poeta bolognese, un pessimismo dai riconoscibili tratti shakespeariani.

crediti Luca Del Pia

Sembra dunque nella sua espressione scenica una drammaturgia molto giocata sulla forma, ma non sul formalismo, una forma linguistica e lirica in cui nascondere più che rivelare, in cui trasfigurare anziché elaborare.

Scrive in proposito Stefano Casi che questa tensione formalistica introduce “una prassi sistematica dello sberleffo e della grottesca invenzione linguistica” necessaria forse a rendere sopportabile, al drammaturgo prima che allo spettatore, l’illuminazione significante dell’evento quando accede e si accende in scena.

crediti foto Luca Del Pia

La storia se vogliamo è strutturalmente semplice ed in certo senso raccoglie, nel modo di Pasolini, una domanda che allora correva tra l’intellettualità europea più avveduta, cioè: quanto era diversa la società capitalistica e borghese degli anni 60 rispetto ai fascismi e nazismi che l’avevano preceduta, ovvero quanto ne era una semplice cosmesi, una maschera per coprirne le fattezze sempre mostruose e talora sempre più mostruose?

crediti foto Luca Del Pia

Come ricorda ancora lo stesso Casi, teatralmente Porcile sta tra I sequestrati di Altona di Sartre, Unterdenlinden di Roversi o anche il Marat-Sade di Weiss, mentre cinematograficamente mi limito a ricordare le pellicole intense di Visconti, della Cavani e di Bertolucci.

Se dunque Porcile è soprattutto un discorso aperto, che Pasolini non ha voluto o potuto chiudere mai, Nanni Garella nel metterlo in scena sceglie di dare ad esso il volto degli attori della Compagnia Arte e Salute che nasce e cresce consolidando il suo lavoro nei Centri di Salute Mentale (i diversi per ‘eccellenza’), i quali si impossessano con straordinaria naturalezza di una sintassi drammaturgica e recitativa non facile.

Ma soprattutto, a contaminare ulteriormente una scena che nasce per così dire già contaminata, mescola e miscela con reciproca soddisfazione la prossemica dei suoi attori con la coreusi di Balletto Civile di Michela Lucenti, che diventa, per la sua capacità di rappresentare soprattutto ciò che, condiviso o meno che sia, è collettivo, uno specchio ulteriore, e alternativo nella sua sincerità, di quel senso profondo che si nasconde in ciò che, infatti, può essere solo rappresentato.

crediti foto Luca Del Pia

Non è certamente o facilmente tollerabile quello che ci viene detto essere oltre quello che vediamo, se non ne venissimo introdotti come in un antico ‘mistero‘ in cui la risata dionisiaca da sola poteva ripristinare la vita, e forse la tragedia moderna di Pier Paolo Pasolini, in scena e nella vita, di quello non poteva fare a meno.

Terza stazione del progetto “Come devi immaginarmi” che E.R.T. dedica a Pier Paolo Pasolini e che prevede la riproposizione di tutte le sue opere teatrali nel corso della Stagione 22/23, rilette in diverse interpretazioni.

Al teatro Arena del Sole di Bologna dal 18 aprile al 7 maggio. Molto pubblico alla prima con molti applausi.

PORCILE di Pier Paolo Pasolini, regia Nanni Garella, coreografia Michela Lucenti. Un itinerario artistico e progettuale di Arte e Salute e Balletto Civile, con Luca Bandiera, Nicola Berti, Enrico Caracciolo, Barbara Esposito, Luca Formica, Francesco Gabrielli, Pamela Giannasi, Filippo Montorsi/Simone Francia, Mirco Nanni, Alessandro Pallecchi, Roberto Risi, Emanuela Serra, Giulia Spattini. Assistente alla regia Nicola Berti, assistente alla coreografia Emanuela Serra, luci Tiziano Ruggia, suono Massimo Nardinocchi, costumi Elena Dal Pozzo, direzione di scena Davide Capponcelli, elementi scenici a cura del Laboratorio di Scenotecnica di ERT, responsabile del Laboratorio e capo costruttore Gioacchino Gramolini, costruttrice Veronica Sbrancia, scenografe decoratrici Ludovica Sitti con Sarah Menichini, Benedetta Monetti, Bianca Passanti, Martina Perrone. Collaborazione produttiva Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Balletto Civile
in collaborazione con Associazione Arte e Salute, Regione Emilia Romagna – Progetto “Teatro e salute mentale”, Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda USL di Bologna. Nell’ambito del progetto “Come devi immaginarmi” dedicato a Pier Paolo Pasolini. Foto di scena Luca Del Pia.

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