Tre rifiuti della società in una parabola felicemente ambigua e polisemica
RUMOR(S)CENA – MILANO – Non è facile individuare il tema portante dell’affascinante testo di Hanoch Levin, prolifico autore israeliano, morto a 56 anni al limitare del secolo scorso: il conflitto generazionale? l’impossibile rapporto fra sogno e realtà? il degrado fisico e comportamentale della vecchiaia? una parabola sulla solitudine? il mai soddisfatto bisogno di amore? Forse tutto questo, e qualcosa di più.
Sicuramente la produzione firmata a sei mani dai tre interpreti: Mario Sala, Antonio Gargiulo e Stefania Ugomari di Blas (ma è difficile non sentire anche la mano del regista stabile dell’Out Off, Lorenzo Loris) muove al riso e induce contemporaneamente ad amare riflessioni, come è tipico della cultura ebraica mitteleuropea, di quella yiddishkeit, di cui Levin è erede (i genitori provenivano da Łódź, in Polonia). In effetti, il piccolo mondo di miserabili che si dimena sulla scena (due barboni – padre e figlio – e un’appassita prostituta) rimanda, pur deformandola ironicamente, a un’aspirazione comune all’umanità intera: se non alla felicità, almeno a una vita più soddisfacente rispetto a quella in cui il destino l’ha confinata: una tensione qui esemplificata in modi diversi, anche sconcertanti. Per Hoibitter, il vecchio barbone, la soddisfazione, in occasione del suo sessantesimo compleanno, di un improbabile desiderio sessuale mediante il rapporto da consumarsi con Brontsatski, un’appassita prostituta del suo medesimo ambiente; in Hoimar, il barbone figlio, è invece presente una tensione mistica, una goffa ricerca religiosa; per la matura prostituta, il vagheggiamento di una sistemazione affettiva stabile.
In una scenografia ingombra di oggetti di risulta, da bric-à-brac, evocativa del degrado ambientale più che naturalistica, i tre interpreti creano figure che danno spessore a un testo intrigante e polisemico di notevole suggestività, donando loro una dimensione umana che supera le trappole dei luoghi comuni iconici convenzionali, e consente di rendere credibili i complessi e contraddittori rapporti che li legano. In primis, l’anziano barbone di Mario Sala, ormai impotente per l’età, ma prigioniero del sogno di un incontro erotico con la mitica, superba puttana dell’Ohio del titolo: un topos fantastico, letterario, che potrebbe illuminare un’intera vita disgraziata; non meno efficaci Antonio Gargiulo, nel ruolo del barbone figlio, e la sfigata e velleitaria prostituta disegnata da Stefania Ugomari di Blas, patetico contraltare della favolosa, indomita figura cui allude il titolo, che si immagina a cavallo di un destriero bianco nei suoi irraggiungibili poderi dell’Ohio, mentre lei è disposta a concedersi, in un vicolo, appoggiata a un bidone di immondizia.
È un vero peccato che l’opera teatrale di Levin sia ancora così poco frequentata in Italia. Si spera che l’iniziativa dell’Out Off apra le porte a un rinnovato interesse per un autore ancor tutto da scoprire.
Visto all’Out Off di Milano il 21 maggio 2023