Va in scena domenica 18 marzo alle 17 nella Sala A del Centro Sociale di Cappella Maggiore (Treviso) A Perdifiato ritratto in piedi di Tina Merlin con Patricia Zanco. Uno spettacolo teatrale che racconta la passione di una donna per il giornalismo: Tina Merlin che fa ricordare un’altra collega tragicamente scomparsa, Ilaria Alpi. Le due giornaliste, entrambe dedite alla propria professione svolta con impegno e senso etico senza pari. Due donne che hanno saputo raccontare la complessità degli eventi con un unico obiettivo, quella di arrivare a svelare sempre ogni fondamento di verità. La regia è di Daniela Mattiuzi che si è avvalsa della drammaturgia di Luca Scarlini. Lo spettacolo ha ricevuto il patrocinio del Premio Ilaria Alpi e il Teatro d’impegno civile. Una produzione Fatebenesorelle Teatro .
La regista nelle sue note di regia spiega come è stato pensato l’allestimento: «Una casa quasi vuota, da molto tempo disabitata, pochi oggetti: una sedia, un paio di zoccoli di legno, un vecchio cappotto militare e una bambola di pezza. Quanto basta per cominciare a raccontare questa storia. Entriamo in questo luogo in punta di piedi, perché ricordare è anche un’indagine nella solitudine di un mondo perduto. Ma i ricordi fanno rumore, basta poco, uno sguardo gettato sulle tracce visibili e il passato diventa presente nella memoria. Nasce così un’azione vitale e fisica contro l’oblio. Ed è una meravigliosa semplicità che emerge e tiene unita la vita di Tina Merlin, riflette il suo modo di guardare le persone e le cose.» Una giornalista coraggiosa che scriveva «Magari fossi riuscita a turbare l’ordine pubblico» all’indomani dei tragici fatti che la videro coinvolta e processata per aver denunciato i rischi e le irregolarità del Vajont. La tragedia della diga che causò 1910 vittime di cui 1450 residenti nel comune di Longarone.
Oggi che l’Italia si sbriciola, che paesi interi sono cambiati per sempre, che la montagna ti arriva fin dentro casa. Dove sotto a colate di fango l’Italia sprofonda, gli articoli che la Merlin scriveva su L’Unità negli anni 50/60 sono terribilmente attuali. Sembra l’incubo del ritorno, quasi a rivivere le stesse situazioni drammatiche con le popolazioni che sorvegliano inermi le colline che scendono a valle, sono col fiato sospeso, agghiacciate, senza più sangue nelle vene. Case costruite dove i fiumi esondano, negli ultimi vent’anni i terreni agricoli sono divenuti cantieri. Un solo nubifragio ha effetti micidiali. Abusivismo, illegalità, ignoranza, mancate programmazioni delle amministrazioni, aziende che non hanno avuto controlli. Interventi idrogeologici che mancano dagli anni ’70.
Daniela Mattiuzi si sofferma anche sulla vita di Tina Merlin, «segnata dall’infanzia in poi, il suo contributo di partigiana sulle montagne durante la Resistenza, l’impegno nella società e nel giornalismo, che la vide a lungo attiva sulle pagine de “L’Unità”. La storia viene affrontata lavorando in primo luogo sulla ricerca del vero fil rouge del personaggio: un amore forte e razionale a un tempo per la natura, nato dai ritmi biologici della vita contadina, che rimane sempre il pensiero dominante – come emerge dai numerosi articoli sul paesaggio, stravolto dall’industrializzazione selvaggia degli Anni ’50 e ’60 – prosegue la regista – due ante per altrettante immagini di un dittico. Nella prima, Tina Merlin si racconta alla madre, in una narrazione che rievoca il passato, fino allo scoppio della guerra e alla presa di coscienza politica con la scelta partigiana. La seconda sezione cambia completamente stile. Una perdita d’equilibrio del discorso, un corpo a corpo poetico con il video: allusione allo spazio ipnotico e senza tempo dell’inconscio; immagini che contengono tutto il dolore e lo spavento di questo mondo. Si apre sulla figura di Tina Merlin giornalista, la sua precisa volontà di dire quello che la gente nell’Italia ridente del boom economico preferisce ignorare, per poi fronteggiare le tragedie con lo sgomento dell’ uditore cieco davanti alla morte annunciata. Emerge da questa memoria appassionata un’antica oralità, una sapienza femminile distillata nei secoli, un’opera di civiltà che le nostre madri hanno compiuto giorno dopo giorno per rendere abitabili le case e più umana la vita».
Lo spettacolo è realizzato con il sostegno della Provincia di Trento e Tracce di Teatro d’Autore e Legambiente onlus
A Perdifiato
con Patricia Zanco
regia di Daniela Mattiuzi
Centro Sociale sala A del Comune di Cappella Maggiore (Treviso)
domenica 18 marzo ore 17