Costume e Società, Editoriale, Pensieri critici — 09/10/2024 at 12:00

Vajont -una testimonianza

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RUMOR(S)CENA – BELLUNO – Come molti ho visto da adulta il film Vajont-La diga del disonore (2001) di Renzo Martinelli con Laura Morante interprete di Tina Merlin e il monologo di Marco Paolini  Il racconto del Vajont. C’è un filo rosso autobiografico che mi lega a queste due visioni. Sono nata  e vissuta a Belluno fino a quasi vent’anni a pochi chilometri da Longarone dove il disastro del 9 ottobre 1963 con la frana del Monte Toc che ha provocato lo straripamento della diga, ha portato morte a Longarone e nelle frazioni con un bilancio di oltre 2000 morti. Questa tragedia immane è arrivata alle mie orecchie di bambina fin dalle scuole elementari, fra narrazioni domestiche e scolastiche. La mia maestra Giuseppina Merlin era sorella di Tina Merlin (già staffetta partigiana), la giornalista dell’Unità che aveva scritto articoli di fuoco fin da 1960 sostenuta da cittadini del luogo contro la società SADE ( Società Adriatica Elettricità), inascoltata anzi querelata.

Archivio-Zanfron-Vajont-1963

La maestra, che era molto amica di mio padre (erano del 1926 e vivevano a Trichiana sulla sinistra Piave dove avevano case proprio vicine e dove ebbi poi modo di conoscere Tina, raccontò a noi bimbi di seconda o forse terza elementare che lei aveva visto coi suoi occhi nella chiesetta di Pialdier (una frazione prossima al greto del  fiume Piave), i cadaveri di 7 bambini della nostra età trascinati  per chilometri a valle dalla furia delle acque che raccolsero la fuoriuscita del bacino del Vajont. Mio padre mi raccontò poi che la mattina del 10 ottobre (nessuno ancora sapeva niente, non c’erano i telegiornali o internet) era al suo lavoro a Belluno e che tutti gli abitanti della città erano increduli davanti alla massa d’acqua che ingrossava il corso d’acqua del Piave cresciuto di diversi metri.

Mi disse anche: se la diga avesse ceduto, la più alta diga d’Europa, sarebbero stati spazzati via molti  comuni a valle e forse io e la mamma non saremmo ancora qui e tu non saresti neanche nata. In seguito sono stata più volte a Longarone, ricostruita dal fango. Al cimitero delle vittime ma anche a concerti   come quello di Franco Battiato allora semisconosciuto. Ma questa è un’altra storia 

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