RUMOR(S)CENA – TRENTO – Il collettivo “Queste Donne” è nato nel 2022 dall’aggregazione spontanea di sedici artiste nei laboratori creativi dello Studio d’arte Andromeda di Trento, un’associazione culturale che da oltre quarant’anni opera in campo internazionale negli ambiti della satira, illustrazione, pittura, grafica e fumetto.
Il collettivo ha risposto al desiderio di riunire un gruppo di artiste di differente estrazione, tipologia espressiva ed età, per invitare a una riflessione al femminile sul mondo, i suoi valori e le sue contraddizioni. Toti Buratti, membro storico di Andromeda, illustratrice satirico-umoristica premiata in tutto il mondo, porta ispirazione al gruppo e con la sua vitalità intellettuale instilla il coraggio di osare e uscire dai confini del regolare e del consentito che la vita quotidiana impone.
Il collettivo “Queste Donne” è formato da Sarah Bertasio, Nadia Baldo, Toti Assunta Buratti, Elizabeth Busani, Carlotta Dapor, Roberta Donati, Ilaria Fronza, Lisa Pagnacco, Giulia Pedrotti, Irene Margonari, Melany Merendino, Marta Montesi, Veronica Rigotti, Nadezhda Nadia Simenova, Stefania Simeoni e Giulia Tamanini.
Nel 2024 Mariapia Ciaghi, giornalista, editrice e direttrice della rivista “Eudonna”, ha proposto al gruppo di organizzare una mostra dal titolo Visioni contemporanee: l’eredità di Hildegard von Bingen tra arte e modernità. Al collettivo è stato chiesto di dare una propria interpretazione, tramite tecnica artistica a piacere, delle mille sfaccettature del lavoro di questo personaggio eclettico. Dal 26 ottobre 2024 i lavori hanno trovato sistemazione all’interno della fantastica cornice della Sala delle Marangonerie del Castello del Buonconsiglio.
HILDEGARD VON BINGEN E IL RICERCATO EQUILIBRIO DEL MONDO MEDIEVALE
di Giovanni Almici
Era nata nel 1098 a Bermersheim von der Höhe, in Assia, ultima dei dieci figli del cavaliere Hildeberth e di sua moglie Mechtilde. Ultimogenita, donna e di salute precaria, venne avviata ad una vita di studi, che nel XII secolo vuol dire ancora monastero: le Università sono una cosa relativamente nuova e stanno giù, là, in Italia, a Bologna e a Salerno, sicuramente non sul Reno, dove il freddo e la distanza geografica favoriscono la diffusione di monasteri indipendenti ed autosufficienti, delle piccole isole di conservazione e produzione del sapere. Hidegarde entra in uno di questi, a Disibonderg, un vecchio monastero fondato dagli irlandesi, a otto anni, e verso i quattordici è abbastanza grande per prendere i voti e diventare a tutti gli effetti una monaca di San Benedetto, devota alla clausura, alla preghiera ed al lavoro.
Un lavoro che è soprattutto intellettuale: la giovane si interessa di medicina, di erboristeria, di astrologia, di ostetricia, e dal 1136, ormai quarantenne, comincia a dare al pubblico le sue opere rivelando che molte di esse sono frutto di visioni. Si tratta sia di opere di consultazione pratica come il Causae et curae infirmitates sia di carattere mistico- teologico come il ben più famoso Scivias (1151). Questo non deve sembrarci strano: nella visione del mondo medievale i movimenti del cielo, quelli dei fluidi corporei e quelli della natura che circonda l’essere umano sono perfettamente equilibrati ed insieme concorrono ad esprimere un equilibrio che è stato voluto nella notte dei tempi da Dio. L’uomo medievale sta nel mondo come nella sua ostrica, e tutto ciò che esiste è stato creato per lui, la suprema delle creature, l’unica che riesce a vedere le connessioni invisibili che legano i cicli di nascita, morte e risurrezione degli animali, delle piante e persino degli elementi che compongono la sfera terrestre (acqua, aria, fuoco e terra). Tutto risuona secondo lo stesso ritmo celeste, e guarda caso Hildegarde fu anche musicista e compositrice: del 1151-1158 è la Symphonia harmoniae celestium revelationum che raccoglie le sue liriche.
È un periodo di grandi sconvolgimenti per la chiesa cattolica: vent’anni prima l’imperatore Enrico V di franconia e papa Callisto II hanno firmato a Worms un Concordato che ha messo fine ad un secolo di lotta riguardo alle investiture dei vescovi che aveva spaccato l’occidente e dimostrato la corruzione e l’arrivismo delle gerarchie papali. Molte città, anche italiane, si erano sottratte al potere di vescovi e conti per dichiararsi comune autonomo, seguendo le prediche di religiosi dissidenti che auspicavano una chiesa povera, più attenta al singolo e meno corrotta. Capita anche a Roma, dove papa Eugenio III era scappato lasciando la città in mano alla nuova repubblica romana dell’eretico agostiniano Arnaldo da Brescia.
C’è bisogno di mandare un segno di rinnovamento all’interno della Chiesa per riacquisire il dominio e così, tra le altre cose, nel 1147 Eugenio legge pubblicamente gli scritti di Hildegarde nel Concilio di Treviri. Da allora la fama della badessa è destinata a crescere in tutta l’Europa cristiana, tra predicazioni pubbliche nelle maggiori cattedrali dell’Impero Tedesco, composizione di opere teatrali ed inni sacri (aiutata da fidi collaboratori come il monaco Volmar) e rapporti epistolari anche molto accesi con le maggiori personalità politiche dell’epoca, dal Conte di Fiandra all’Imperatore Barbarossa, che rimprovererà per la sua politica contraria a Roma. Tutto questo mentre soffre cronicamente di fortissime emicranie; quelle che, interpretate come visioni, avevano dato avvio molti anni prima alla sua vastissima produzione letteraria.
CORPO E ANIMA
Stefania Simeoni
Argille semirè e smalti, 27x20x16 cm, 2024
La mia ricerca artistica esplora il tema del cibo e del desiderio sensuale attraverso la natura simbolica di oggetti quotidiani. La scultura presentata nasce dall’approfondimento dei testi di Ildegarda di Bingen riguardanti il tema del cibo come medicina del corpo e dello spirito. Il vaso è inteso sia come contenitore di cose nutrienti ma anche come simbolo del corpo che accoglie, cura e conserva: il vaso trasmette un linguaggio universale,
quello dell’utilità spirituale e dell’estetica. La mia scultura è una poesia minimale con uno spiccato tratto antropomorfo che richiama il corpo della
Santa di una scultura devozionale (richiamato da un gioco grafico nella mia idea di locandina per il Convegno). La forma del vaso è fluida e sensuale come il corpo umano, e allo stesso tempo conviviale e familiare come solo gli oggetti semplici e di uso comune sanno essere. “Il fegato nell’uomo è come un vaso, nel quale il cuore, il polmone e lo stomaco versano i loro succhi, e il fegato li distribuisce, poi, a tutte le membra, come vaso in una fonte riceve l’acqua e poi la versa altrove”. Ildegarda di
Bingen, Causae et curae infirmitates,
ILDEGARDA VEG
Carlotta Dapor
Pennarelli su carta, 70×50 cm, 2024
Il mio lavoro mostra una mia personale interpretazione della tematica “Le proprietà degli animali” di Ildegarda. E’ nota la severità della monaca riguardo il consumo smodato di carne e come essa ritenesse che solo alcune tipologie potessero essere in grado di alleviare i mali del corpo. Bue, agnello, gallina, capriolo erano ritenute carni terapeutiche; e il maiale?
La carne di suino era consentita solo dopo un lungo periodo di convalescenza. Ma quindi il titolo di quest’opera a cosa si riferisce? Alla rivincita degli animali.
PETROSELINUM CRISPUM
Giulia Tamanini
Stampa transfer, acrilico, carboncino e matita su carta di cotone, cm 50×70, 2024 Con il mio lavoro ho voluto rappresentare il rapporto stretto e reciproco tra le piante e l’uomo, rapporto che Hildegard ha descritto approfonditamente nel “Libro delle creature”. Per il mio dipinto ho scelto la pianta del prezzemolo, che “è di natura robusta” e “spunta grazie al vento e all’umidità“ e che secondo Hildegard è benefico per i mali del cuore. La pianta cresce, affonda le sue radici nelle vene del cuore, proprio per rappresentare il rapporto simbiotico e di nutrimento reciproco tra le piante e l’uomo. “Al momento della creazione dell’uomo, dalla terra fu tratta una diversa terra: l’uomo. Tutti gli elementi erano al suo servizio poiché percepivano che era vivo e collaboravano con lui in tutte le sue attività, e lui con loro”. Ildegarda di Bingen, Libro delle creature. Differenze sottili delle nature diverse
EMICRANIA
Ilaria Fronza
Tempere su carta, cm 21×29,7, 2024
Il mio progetto esplora il tema dell’emicrania e di come, da essa, scaturissero delle allucinazioni che Ildegarda di Bingen interpretava come messaggi divini. Con questo progetto intendo sottolineare come un
evento fisiologico, comunemente ritenuto spiacevole o insignificante, possa essere trasformato in una straordinaria fonte di ispirazione spirituale. Ildegarda, infatti, soffriva molto probabilmente di quella che oggi viene definita “scotoma scintillante”, un tipo di emicrania accompagnata da aura, che genera visioni di oggetti scintillanti e forme geometriche. Questa condizione, anziché abbatterla, fu da Ildegarda spiritualmente sublimata trasformando quella che sembrava una debolezza, una potente arma di forza interiore e ispirazione. Il progetto esplora proprio questo: come da una sofferenza fisica e mentale possa scaturire una forza spirituale e creativa in grado di generare speranza e positività. “L’emicrania possiede, invero, tanto vigore che se occupasse tutta la testa, l’uomo non potrebbe sopportarlo. Ed è difficile da fugare […] perché è difficile sedare al contempo la malinconia e gli umori cattivi”. Causae et curae, II,
Dell’emicrania.
ANIME VERDI
Irene Margonari
Tecnica mista su carta, 50×70 cm, 2024
Il progetto riflette sulla parte interiore insita in ogni elemento e creatura di Dio. Anche nel cibo, come nelle piante, nei minerali, negli animali, Ildegarda di Bingen sostiene essere presente un’anima con valore curativo. Ne sono un esempio gli ingredienti che la monaca ha utilizzato per
“I biscotti della gioia”. La cannella è stata da lei definita come una spezia che dona grande forza e trasforma gli umori cattivi in buoni. Questi elementi sono inseriti in un contesto “verde” rimandando al
concetto di Viriditas, quale energia vitale e forza. “Invero, quando l’uomo dorme il suo midollo si rigenera e cresce e, quando è sveglio, il midollo diminuisce e si debilita, come la luna che nel suo incremento aumenta o come le erbe che in inverno hanno la viridità dentro, mentre in estate sbocciano in fiore”. Causae et cuare infermitatis, II, Del sonno
HILDEGARDA
Lisa Pagnacco
Tecnica mista, 60×30 cm, 2024
Per me quest’opera ispirata ad Hildegard von Bingen è una riflessione ed un elogio verso una persona, prima che una scienziata , che con la sua tenacia e fame di conoscenza ha regalato al mondo intero qualcosa di importantissimo che non ha eguali ! Quando si ha fame di sapere tutto è possibile e nulla ci può fermare. Lei ha lasciato un dono importante per tutta l’umanità ! Il suo spirito di ricerca mi ha guidato per tutta la realizzazione dell’opera e devo dire che la sua scoperta è stata un dono prezioso per me di conoscenza e spiritualità che ha accresciuto la mia voglia di conoscere, capire ed esplorare qualcosa che fin ora non ritenevo importante sapere !
OLTRE LE MURA
Marta Montesi
Collage, 21×29,7 cm, 2024
L’elaborato mette in evidenzia i gioielli e le acconciature di Ildegarda di Bingen e le sue ancelle. Secondo le cronache nei due monasteri fondati a Bingen in quel periodo, la Santa curava molto l’aspetto estetico suo e delle sue consorelle, credendo che la bellezza fosse un modo per glorificare Dio, in linea con le posizioni espresse nello stesso periodo dai monaci di Cluny.
Contrariamente alla norma monastica, che prevedeva sobrietà e copertura delle chiome, i capelli delle monache erano lasciati lunghi e secondo alcuni cronisti ornati di corone d’oro alte e sottilissime.
LA CHIARA DIMOSTRAZIONE DI REALTÀ CHE NON SI VEDONO
Melany Merendino
China su tela, 50×70 cm, 2024
Una capacità di visione rara e senza tempo che permette di guardare alla bellezza, della natura e del corpo, senza paura in quanto riflesso del divino. Una fede, libera da mortificazioni, motore e non freno della costante sete di conoscenza e sperimentazione. “Come il fuoco, senza il proprio ardore, non sarebbe fuoco, così anche un’anima priva del principio razionale sarebbe inconcepibile”. Ildegarda di Bingen, Liber Divinorum Operum, I,4,27.
IL TUTT’UNO DELLE PIETRE
Roberta Donati
Acquerello e matite colorate, 50×70 cm
Ildegarda ci parla delle pietre e dà a loro un ruolo potente: guarire da molte malattie. La potenza curativa delle gemme deriva dal tempo della loro creazione, che è antecedente alla caduta di Lucifero e origine della divisione. Essendo le pietre più antiche mantengono la loro integrità e posseggono internamente il rimedio al male! Il fascino dei colori di queste pietre è unito in un cerchio cromatico che rileva per ognuna la sua tonalità
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