La figura di Evita Peron raccontata da Eleonora Cassano, l’étoile argentina che insieme con Julio Bocca ha segnato nel suo paese, la nascita di una vera e propria nuova stagione del balletto, mescolando la danza classica con il tango e la danza tradizionale. Lo ha fatto con lo spettacolo “Evita, la Duarte. La vida de una revolucionaria consumida por un ideal”, con il quale ha deciso di dire addio alle scene in una tournèe mondiale che ha fatto tappa per tre serate esclusive al Teatro della Luna di Milano dal 23 al 25 marzo. Basato sulla coreografia di Silvia Vladimivsky e accompagnato dalla musica del maestro Sergio Vainikoff, questo nuovo lavoro non ha nulla a che vedere con il musical di Andrew Lloyd Webber e di Tim Rice o con il film diretto da Alan Parker e l’interpetazione di Madonna. L’attenzione è spostata sul lato umano di Evita, non sul suo ruolo di personaggio politico. Una donna che potendo rimanere nella comodità e nel lusso ha preferito impegnarsi e lottare per migliorare le condizioni di vita della classe operaia argentina, che chiamava i ‘descamisados’ (senza camicia) e per la quale si adoperò fino agli ultimi giorni della sua vita incontrando l’ostilità dei vertici del potere, dei militari e della Chiesa. C’è solo un personaggio che recita per alcuni istanti; si tratta dell’attore che interpreta il fratello di Evita e gli spettatori non ascolteranno “Don’t cry for me Argentina” che fa parte soltanto del musical di Madonna e non c’entra con quest’opera.
Tra le particolarità da segnalare c’è la presenza di vari filmati, tra cui il discorso originale della sua rinuncia alla vicepresidenza del Paese. “Racconto attraverso la danza la sua intimità – spiega la Cassano – da Evita giovanissima arrivata a Buenos Aires, che fa spot pubblicitari alla radio e intraprende la carriera di attrice, nonché del suo passaggio dal moro al biondo, fino all’incontro con Peron”. Leit motif dell’intera esibizione è la “passione” che Eleonora Cassano vuole trasmettere ai presenti, perché «Si racconta una storia di vita, condita di forti emozioni. Non è stata nostra intenzione presentare la vita di Evita dal punto di vista storico o da una visione biografica– spiega la coreografa che ha avuto anche esperienze in Germania con Pina Bausch – ma abbiamo voluto evidenziare la manifestazione della forza dell’essere, dell’anima di Eva, l’essere donna in un momento in cui è stato necessario consentire uno spazio per le donne e aprire un divario nella coscienza della massa che non sapeva di poter avere un ruolo».
Nello spettacolo si vede la bambina Eva, irritabile e insicura, mentre lascia il quartiere Los Toldos e dopo aver cercato un posto in una città dove conosce la fame, il pane e il mate, riesce ad avvicinarsi a Perón nei circoli più alti del potere, da dove rifiuta di adagiarsi nel ruolo di moglie del Generale e decide di scegliere l’azione, di consegnarsi al suo popolo, ignorando le richieste del suo corpo che non sopporta tanta passione e termina per crollare, immolata dal suo stesso fuoco. Il lavoro viene presentato al pubblico come uno spettacolo in cui vengono mescolati i vari generi e si passa da momenti di recitazione accompagnati dalla proiezione di filmati d’epoca, fino ad arrivare alla danza vera e propria in cui il tango argentino e i balli popolari dell’epoca, vengono contaminati dalla danza moderna con particolare riferimento al teatro danza e alla danza espressionista di Kurt Joss attraverso una gestualità forte e ripetitiva che rimanda ai movimenti della vita quotidiana. L’azione coreografica della Cassano è concepita all’interno di una sorta di gabbia metallica costruita da pedane sovrapposte sulla quale la danzatrice si arrampica, sale e scende in continuazione compiendo pericolose evoluzioni, stando in equilibrio in “arabesque” su una gamba sola oppure facendo “grand battement”, ovvero alti slanci con cui le gambe salgono verso l’alto. E’ in questo spazio claustrofobico che a tratti diventa camera da letto, nella quale la coppia consuma il suo amore, mentre intorno a questa si muove la gente del popolo, oppure figure militaresche o ancora ballerini di tango che intrecciano passi di danza incontrando nelle milonghe affascinanti ballerine.
Lo spettacolo è coinvolgente ma a tratti i collegamenti tra i vari quadri appaiono poco convincenti, forse per la mancanza di una vera e propria scrittura drammaturgia che sembra mancare alla struttura coreografica. In questo spettacolo, la Vladimivsky riscatta la “Eva donna” con la sua sessualità, la sua passione, i suoi conflitti, i suoi amori, il suo odio, i suo sentimenti di rancore e, soprattutto, il suo scopo di vita. Una donna che potendo rimanere nella comodità del lussuoso abbigliamento e gioielli, ha preferito cambiarli per un “tailleur” per darle, attraverso la sua lotta, un’identità alla popolazione che, fino a quel momento era soffocato da una potente classe aristocratica e ignorata da una classe media indifferente. In questo spettacolo, la Vladimivsky riscatta la “Eva donna” con la sua sessualità, la sua passione, i suoi conflitti, i suoi amori, il suo odio, i suo sentimenti di rancore e, soprattutto, il suo scopo di vita. Una donna che potendo rimanere nella comodità del lussuoso abbigliamento e gioielli, ha preferito cambiarli per un “tailleur” per darle, attraverso la sua lotta, un’identità alla popolazione che, fino a quel momento era soffocato da una potente classe aristocratica e ignorata da una classe media indifferente.La musica originale è stata composta da Sergio Vainikoff, la scenografia è di Lucia Trevisacce e Carlos Bustamante e i costumi di Monica Mendoza.
Visto al Teatro della Luna di Milano il 23 marzo 2012