Recensioni — 19/11/2024 at 14:43

Mein Kampf e Tragùdia – il canto di Edipo, due produzioni (impegnative e discutibili) del Piccolo Teatro di Milano

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RUMOR(S)CENA – MILANO – Riscattare Mein Kampf , (La mia battaglia) , dalla damnatio memoriae di cui per anni è stata oggetto l’allucinante autobiografia di Adolf Hitler, sembrava un dovere civile. Se ne è preso coraggiosamente carico il Piccolo Teatro di Milano coprodotto insieme al Teatro Stabile di Bolzano, affidando l’impresa a Stefano Massini: molte erano le aspettative nei suoi confronti, specie  dopo il successo di Lehman Trilogy, l’ultimo spettacolo da lui scritto. Per contro serpeggiava anche la convinzione – per me difficilmente condivisibile – che non fosse il caso di raccontare la follia e gli orrori che avevano funestato il secolo scorso, dando visibilità a un testo il cui possesso, per decine di anni era stato considerato illegale (in Germania, fino al 2017).

Dal superamento di tali riserve nasce un lavoro di notevole rigore formale, con alcune belle idee di regia (come la cascata di libri in scena: una trasparente allusione al rogo del ’33), sostenuto dal porgere smaliziato, sempre teatralmente efficace e accattivante di Massini. Eppure qualcosa non convince. Come affermato dall’autore “solo la conoscenza può evitare il ripetersi della catastrofe” quindi per sua stessa ammissione esplicita l’intera operazione ha una sua ragion d’essere etica ed educativa, se non politica: lo svelamento di ciò che è successo. Ma ciò non può limitarsi soltanto alla – resistibile? – ascesa e presa del potere di un ragazzino frustrato, ambizioso e privo di talento. Quello che sembra mancare è un giudizio critico, un discrimine fra le posizioni del giovane Hitler – apparentemente ragionevoli e trascinanti. e i suoi successivi esiti etici e politici. Nulla, infatti, viene detto sull’abisso in cui l’umanità ha corso il rischio di precipitare; sui dieci milioni di morti della Shoah. Massini sembra volersi limitare a dirci: ecco cosa è successo e che potrebbe tornare a succedere. A sommesso parere di chi scrive, ciò è troppo poco, in una stagione in cui, a pezzi e bocconi, si sta smentendo l’imperativo inciso ad Auschwitz, nella ventina di lingue che vi si parlavano: MAI PIÙ!

MEIN KAMPF_Stefano Massini ©MasiarPasquali

Altre le riserve da esprimere su Tragùdia – il canto di Edipo, ove Alessandro Serra ha evocato, nella sua complessità, il mito di Edipo R. In effetti, nella sua rivisitazione del Macbeth (in lingua sarda), Serra ci aveva dimostrato la propria capacità di trasferire, in puro linguaggio teatrale, tutto ciò che era necessario per coinvolgere lo spettatore. E per lo stesso motivo chi scrive non si era allarmato nell’apprendere che la lingua dello spettacolo non sarebbe stata l’italiano, e neppure il greco, bensì il grecanico: un residuo linguistico della Magna Grecia, praticato ormai da poche centinaia di persone: non so quanti di costoro abbiano avuto – o avranno – l’opportunità di assistere a una delle repliche dello spettacolo di Serra. Da aggiungere il fatto che – per ammissione dello stesso teatro – le didascalie erano pressoché illeggibili per la stragrande maggioranza del pubblico.

foto di Alessandro Serra

Avevo, nella memoria, uno splendido precedente: il premiatissimo: Le troiane, visto al teatro dell’Arte nel’88, dove il giovane belga Thierry Salmon aveva affidato a una distribuzione interamente femminile, credo nessuna con serie conoscenze pregresse della lingua greca. Come dimenticare – fra le altre – l ’atletica, affascinante interprete del messaggero Taltibio: capelli cortissimi, fisico atletico. Ma qui il pubblico era stato immediatamente ipnotizzato dalla passione delle attrici (“Non so se quello che dico quando entro in scena sia greco o qualcos’altro – mi aveva confidato una di loro . Ma mi ci butto dentro.”). Ma con questo Edipo quella magia non è scattata, malgrado la qualità vocale ed espressiva degli attori, al loro modo – spesso quasi cantato – di dire le battute. Doveroso anche citare la sobria cifra dei costumi e delle scenografie: una raffinata modulazione di grigi, con qualche sporadico squillo di rosso., la cui evoluzione seguiva, come un contrappunto, l’evolversi dell’azione. Ma quel vezzo intellettualistico del grecanico, proprio non funzionava e – anzi – irritava. E vorrei concludere ricordando che, o il teatro è comunicazione, o non è.

foto di Alessandro Serra

Visti al Piccolo Teatro Strehler di Milano il 26 e il 29 ottobre 2024

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