Teatro, Teatro recensione — 03/02/2025 at 11:40

Il surrealismo di Ernst nel bellissimo testo di Conte alla Tosse

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RUMOR(S)CENA – GENOVA – Max Ernst è stato uno dei maggiori esponenti del surrealismo.  Nel 1933, nel corso di un soggiorno in quel di Vigoleno, piccolo abitato fra Parma e Piacenza, crea 184 collage intitolati Una settimana di bontà , ma i quadri e gli avvenimenti che si svolgono nel corso delle pagine formano un contrasto evidente con il titolo. Potere, violenza, tortura, omicidi e catastrofi costituiscono i temi dominanti. Le scene cariche di concitazione e di brutalità, visibili sui numerosi fogli, si relazionano con la preoccupante situazione politica dell’epoca e con l’aumentare dei pericoli. Attraverso la sua arte Ernst prende posizione contro l’instaurarsi di regimi dittatoriali in Europa e contro l’ascesa al potere da parte dei nazional-socialisti.

crediti foto Donato Arquaro


Nel suo lavoro l’artista mischia allegorie, allusioni alla mitologia, la Genesi,  racconti di fate e leggende, ma anche frammenti di sogni e di mondi poetici. L’opera è altresì attraversata dalle tematiche care all’autore: la sessualità, l’anticlericalismo, il ripudio della famiglia e della borghesia, il rifiuto del patriottismo. I suoi collage irriverenti sono una denuncia di quella società e riflettono lo stato d’animo dei suoi contemporanei tornati traumatizzati dalla Prima Guerra Mondiale (il pittore stesso, del resto, ha prestato servizio nell’artiglieria tedesca) e che dovevano riprendere il loro posto in una società che cerca di dimenticare le atrocità del conflitto. Ernst fa sue le raffigurazioni convenzionali, stereotipate del male, dell’abiezione e della sofferenza pubblicate su giornali e riviste, le modifica e unisce tra loro, rafforzandone l’impatto.

UNA-SETTIMANA-DI-BONTA-crediti foto Donato-Aquaro

Tonino Conte, uomo intelligentissimo ed arguto, sulla scia dell’omonimo volume di Max Ernst scrive a sua volta Una Settimana di Bontà 1975. Anche questo testo, come quello del pittore tedesco,  nasce come una provocazione che dà  vita ad una piece spassosissima dell’umana ferocia. Il Teatro della Tosse ha voluto aprire il 2025 proprio con questo testo inedito di Tonino, che il figlio Emanuele, 50 anni dopo la sua stesura,  ha portato egregiamente in scena  dal 25 gennaio al 2 febbraio alla Sala Campana.

crediti foto Donato Arquaro

L’ironia e lucidità di Tonino Conte traspare in tutti i dialoghi fra gli attori regalando al pubblico un intrattenimento tanto intelligente quanto divertente come non se ne vedeva da tempo. Attraverso un testo  incalzante e surrealisticamente comico, le parole di Conte sono attualissime pur facendo capo ad un preciso periodo della nostra storia, dentro il quale però non si fa mai travolgere. In pieno stile teatro dell’assurdo si inseguono a gran ritmo sette quadri  che, come in un albun di foto, compongono  gli anni Settanta con tutte le loro ipocrisie e contraddizioni. Nessuna logica apparente tra un quadro e l’altro, ma un comun denominatore: la figura di un nano, che non c’è fisicamente, ma è quanto mai presente in scena con la sua aura.

crediti foto Donato Arquaro

È il nano di cui si innamora una ragazza del gruppo, è il nano ad essere preso a botte in un vicolo cieco solo per il gusto di far male a qualcuno, è il nano a prendere il posto in una carrozzina dentro la quale invece doveva essere un bimbo da rapire, è il nano alla fine ad essere crudelmente ucciso da una “famiglia per bene” solo perché non parla e quindi non sembra aver gradito i manicaretti di mamma.

Quello di Tonino da un lato e di Emanuele dall’altro è uno sguardo impietoso sulla realtà di sempre, quella degli anni Settanta, ma anche quella di oggi, che non guarda in faccia nessuno, soprattutto i deboli, indifferente a sofferenza, sangue e morte.

Bravissimo quindi Emanuele Conte ad aver saputo cogliere il tutto dal testo di Tonino, avvalendosi di un gruppo di attori (Ludovica Baiardi, Raffaele Barca, Christian Gaglione, Antonella Loliva, Marco Rivolta e Matteo Traverso)  eccellenti, giovanissimi, che non hanno vissuto gli anni raccontati, ma che hanno saputo raccontarli al meglio. Sul fondo del palcoscenico, in penombra, sono posizionati dei camerini nei quali gli attori si cambiano d’abito a vista,  in primo piano invece  un’impalcatura da muratore sulla quale i ragazzi si arrampicano o appoggiano per parlare, fare le loro considerazioni . Scenografia semplice, ma efficace che porta anch’essa la firma di Emanuele Conte. Azzeccatissima anche la scelta musicale fatta di canzoni d’epoca, che fanno da stacco durante i momenti di cambio scena, ma che immergono il pubblico nella giusta atmosfera, un malinconico ricordo soprattutto per chi quegli anni li ha vissuti davvero: da Piero Ciampi a Bennato, Rino Gaetano, Dalla, Gaber e lo stesso Tonino Conte.

Spettacolo da non perdere che ci auguriamo vada presto in tournèe per avere il suo meritato successo anche fuori Genova.

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Una settimana di Bontà al Teatro della Tosse

Ludovica Baiardi, Raffaele Barca, Christian Gaglione, Antonella Loliva, Marco Rivolta e Matteo Traverso (più Charlotte Lafaste) fanno un lavoro egregio di trasformismo sotto tutti i punti di vista. Si ride molto.

Visto al Teatro della Tosse il 1 febbraio 2025

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