RUMOR(S)CENA – VENEZIA – Abbraccia le tre dimensioni, passato, presente e futuro, e procede dall’internazionale all’universale, ampliando la visione al cosmo, l’orizzonte culturale e artistico delle sezioni Danza, Musica, Teatro della Biennale di Venezia 2025. Tre discipline, tre Festival che prenderanno il via con il 53° Festival Internazionale del Teatro, dal 31 maggio fino al 15 giugno con la direzione dell’attore statunitense Willem Dafoe. A seguire, il 19° Festival Internazionale di Danza Contemporanea andrà in scenadal 17 luglio al 2 agosto con il programma ideato dal coreografo britannico Sir Wayne McGregor. A chiudere gli eventi sarà infine il 69° Festival Internazionale di Musica Contemporanea in cartellone a ottobre, dall’11 al 25, sotto la guida di Caterina Barbieri, musicista e compositrice.
«La volontà di espandere categorie e ridefinire paradigmi, trasformando la fruizione artistica in un’esperienza di esplorazione intellettuale, è manifesta – ha sottolineato Pietrangelo Buttafuoco, presidente della Biennale – nei progetti dei direttori e della direttrice, ricchi di stratificazioni concettuali e spunti innovativi. Un esplicito invito a misurarsi con la complessità del presente attraverso l’esercizio – e la faticosa sfida – del pensiero critico».

Quali sono, dunque, questi progetti e su quali sfere concettuali si fondano? Nell’ordine: il corpo per il Teatro, i miti per la Danza, la stella dentro per la Musica. Theatre is Body – Body is Poetry è il titolo che esplicita l’essenza delle scelte di Willem Dafoe per puntare i riflettorisulla presenza fisica dell’attore e la sua centralità nella creazione scenica. Un richiamo in qualche modo ovvio, eppure carico di senso, in un’epoca di esperienze virtuali, perché è pur vero, come scrive Dafoe – che «il corpo è il motore dell’incontro tra le persone in scena e il pubblico, capace dunque di creare una comunità estemporanea impegnata nell’ascolto». Ed è proprio dalla sua specificità che sono nati i cambiamenti del linguaggio teatrale nel secolo scorso, ancora oggi vitali. Come nel teatro sperimentale del Wooster Group, da cui Dafoe ha iniziato il suo percorso alla fine degli anni Settanta: il collettivo di artiste e artisti guidato da Elizabeth LeCompte, insignita quest’anno dal Leone d’oro alla carriera.
Per percorrere una dimensione temporale completa e complessa Dafoe ha articolato il suo festival in quattro i principali ambiti di ricerca: un ambito storico, Venezia 75/25; uno contemporaneo, I maestri di oggi; una sezione per gli artisti emergenti, Uno sguardo al futuro; ed infine, la Biennale College, proiettata con decisione al domani nello scoprire e promuovere nuovi talenti.
Punto di partenza è la Biennale Teatro del 1975, guidata da Luca Ronconi, dalla quale provengono Eugenio Barba e Julia Varley dell’Odin Teatret, presenti a Venezia in questa edizione con il loro ultimo lavoro, Le nuvole di Amleto; a loro si affianca Thomas Richards, per oltre trent’anni con il Workcenter Grotowski, che presenterà in prima europea Inanna all’insegna del multiculturalismo della sua compagnia, oggi Theatre no Theatre. Tra gli eventi collaterali, ci saranno allestimenti, proiezioni video e un incontro con nomi quali il novantunenne Richard Schechner, protagonista anche di una lectio magistralis, e Satyamo Hernandez, Chris Torch, Toby Marshall dal Living Theatre, Giorgio Sangati e Sandra Toffolatti, già assistente e attrice di Luca Ronconi; oltre a Eugenio Barba e Thomas Richards; al direttore Willem Dafoe e Andrea Porcheddu, storico e saggista di teatro.

Lo stesso Dafoe salirà poi sul palco con “un esperimento performativo”, No title, insieme a Simonetta Solder, per rendere omaggio a Richard Foreman, il drammaturgo, poeta e regista, recentemente scomparso, pioniere dell’avanguardia artistica e intellettuale statunitense. E ancora, sulle possibilità del corpo poetico, per la sezione I maestri di oggi, agiranno Romeo Castellucci con una creazione site-specific in prima assoluta, I mangiatori di patate, all’Isola del Lazzaretto Vecchio; Thomas Ostermeier, alla testa della Schaubühne, con Changes di Maja Zade; Milo Rau, oggi alla guida delleWiener Festwochen, regista di Die Seherin, ispirata al Filottete di Eschilo e interpretata da Ursina Lardi, Leone d’argento del Festival; Davide Iodice con Pinocchio, il burattino-persona per eccellenza, incarnato da ragazzi diversamente abili; Gardi Hutter, la clown fuori dagli schemi, che con Giovanna D’ArpPo porterà l’accento sul corpo comico, mentre i dervisci dell’Istanbul Historical Turkish Music Ensemble, fanno del corpo lo strumento per raggiungere il divino.

GIOVANNA D’ARPPO – Gardi Hutter – crediti foto Adriano Heitmann
Completano il programma del Festival, per la terza sezione Uno sguardo al futuro, le creazioni della coreografa e regista greca Evangelia Rantou, che con la sua compagnia Garage21 presenta in prima assoluta Mountains; due opere, Oedipus monologue e Great Apes of the West Coast dell’artista pluridisciplinare afro-belga Princess Bangura; e Call me Paris della tedesca Yana Eva Thönnes, autrice e regista. Particolare la versione de Il sosia di Dostoevskijintersecato con testi da Radovan Karadzic e atti giudiziari del massacro di Christchurch del 2019 ad opera dello statunitense Anthony Nikolchev in The (Un)Double. Chiuderà il festival l’unico concerto italiano del 2025 della musicista e cantautrice Daniela Pes.
Nella Biennale College spicca il progetto del regista Antonio Latella che con gli allievi dell’Accademia d’Arte Drammatica Silvio d’Amico di Roma, presenta www.wordworldwar.bomb, una serie di saggi-spettacolo affidati alle regie di Thom Luz, Sebastian Nübling e Jackie Poloni, Natalie Beasse, Alessio Maria Romano. Nell’attesa di nuovi talenti…
Biennale Danza
I miti come radici di un albero al quale forniscono potenza generativa è il concept di Myth Makers/Creatori di miti, del Festival di Danza Contemporanea, perché – comescrive McGregor – «I miti hanno svolto un ruolo cruciale nel corso della storia fornendo un quadro di riferimento per comprendere l’esistenza, la moralità e il cosmo. Ci aiutano a esprimere le nostre paure, le nostre aspirazioni e i misteri della vita. Man mano che le società si evolvono, si evolvono anche i loro miti, grazie anche alla ricerca creativa degli artisti che declinano in forme nuove verità universali».
I numeri del cartellone: 8 prime mondiali, 7 europee, 5 italiane. Oltre 160 gli artisti coinvolti per 75 aperture al pubblico nell’arco di 17 giorni, con spettacoli dal vivo, arte e tecnologia, installazioni, Biennale College, workshop e conversazioni.

Posto d’onore in apertura del Festival, il 17 luglio al Teatro Malibran, è riservato all’iconica coreografa e danzatrice americana, l’ottantaquattrenne Twyla Tharp, Leone d’oro alla carriera, che inaugurala programmazione con Slacktide, novità in prima europea, presentata accanto alla celebre coreografia del 1998, Diabelli. Un dittico per celebrare i sessant’anni di attività con la sua compagnia, la Twyla Tharp Dance nel Diamond Jubilee Tour. Il 18 luglio protagonista sarà invece Carolina Bianchi, artista sudamericana destinataria del Leone d’argento, esponente della performance art femminile con decisi risvolti politici e sociali. Sul palco del Teatro Piccolo Arsenale sarà presente con il secondo capitolo della trilogia Cadela Força: The Brotherhood, un lavoro incentrato sulla mascolinità e lo sguardo maschile.

Il deciso investimento fatto da McGregor durante il suo mandato sulle voci innovative ha consolidato una rete che punta sulla creatività del futuro. Quest’anno i due vincitori dei bandi nazionale e internazionale per nuove coreografie che debutteranno sul palcoscenico del Festival in prima assoluta sono Bullyache, il duo composto da Courtney Garratt e Jacob Samuel, con A Good Man is Hard to Find, e il Nuovo Balletto di Toscana con Sisifo felice del neo-direttore artistico Philippe Kratz, che lo firma insieme al coreografo Pablo Girolami.

Due i focus del programma intensivo teorico-pratico di Biennale College con 16 danzatori e i 2 coreografi che saranno selezionati a breve. Il primo è un progetto site specific, The Herds, che verrà presentato in anteprima il 17 giugno: un atto di arte pubblica e di azione per il clima su vasta scala. Da aprile ad agosto 2025, mandrie di animali a grandezza naturale invaderanno i centri urbani – da Kinshasa fino all’estremo lembo della Norvegia – lungo un percorso di 20.000 km, a simboleggiare la loro fuga dal disastro climatico che ha distrutto il loro habitat. A Venezia, per l’occasione, la star dell’hip-hop Anthony Matsena creerà un inedito intervento coreografico.
Il secondo focus ha al centro un’autrice capace, con la sua danza, di illuminare in una prospettiva nuova la struttura della musica, Sasha Waltz, che lavorerà al riallestimento di In C di Terry Riley. Tra gli spettacoli che la Biennale realizza in coproduzione ci saranno i due nuovi lavori, 16e 17, di Tao Ye e Duan Ni (la compagnia cinese Leone d’Argento nel 2023), in continuità con la Serie numerica, loro sigillo e codice espressivo. A seguire, La Mort i la Primavera di Marcos Morau con il suo collettivo pluridisciplinare La Veronal, una coreografia ispirata al mito universale della morte e della rinascita e all’opera postuma di Mercè Rodoreda; e Ventre do Vulcão, l’assolodellaportoghese Tânia Carvalho, in cui si rispecchia l’imprevedibilità della vita.
Un’esperienza immersiva e interdisciplinare che amplifica l’interazione tra realtà e virtualità è quella offerta in Simulacro dal collettivo Kor’sia, fondato a Madrid dai danzatori e coreografi Antonio de Rosa e Mattia Russo, mentre Friends of Forsythe celebra la diversità delle culture della danza e il potere di una disciplina capace di unire l’anima delle persone. In questa prospettiva interculturale si colloca un viaggio nella spiritualità sufi, nel fluire dei versi islamici, veicolati dalla forma della tradizione kathak con la Akash Odedra Company e il suo Songs of the bulbul, mentre prende le mosse dal Monte Verità, che a inizio ‘900 divenne culla di una comunità di artisti, utopisti, rivoluzionari, teosofi, Fables dellaviolinista e poi coreografa, Virginie Brunelle, che ha creato tre tableaux con dieci danzatori accompagnati dal pianista Laurier Rajotte.
Nell’ambito delle esperienze più sperimentali tra danza, arte e tecnologia si colloca On the Other Earth che debutta in prima assoluta e resterà visibile per tutta la durata del Festival: una coproduzione della Biennale di Venezia con Studio Wayne McGregor, Hong Kong Ballet e Future Cinema Systems, dove lo stesso Wayne McGregor sarà al fianco dell’artista Jeffrey Shaw, del film-maker Ravi Deepres e dell’artista delle luci Theresa Baumgartner. Danza, coreografia, immagini digitali, rilevamento multimodale, intelligenza artificiale e suono spazializzato convergono in questa installazione immersiva e interattiva che avvolge il pubblico nella nuova installazione nVis, il primo schermo cinematografico al mondo con tecnologia sensoriale a 360 gradi.
Un universo fantascientifico e allo stesso tempo barbarico è quello raffigurato da Chunky Move, la compagnia australiana diretta da Antony Hamilton, in U>N>I>T>E>D, ambientato in un’era digitale post-industriale, con sei danzatori-cyborg, armati di esoscheletri robotizzati – una “muscolatura artificiale” che ne moltiplica forza, agilità, velocità, grazie all’animatronica più evoluta dei leader globali Creature Technology Co.
Biennale Musica
Rappresentare la musica del presente nella sua ricchezza, diversità, inclusività è il proposito dichiarato di Caterina Barbieri, che col suo programma, intitolato La stella dentro, vuole esprimere «il desiderio di cose grandi, di vastità. Vibrazione che permea il cosmo e ci attraversa con meraviglia, dalla molecola al moto planetario, il suono trasporta fuori dai confini dell’ego e apre all’incontro con l’altro – l’ignoto». Nella vocazione alla mutevolezza di Venezia si riflette la concezione della direttrice che fa riferimento al potere generativo della musica di creare nuovi mondi, oltre le rigide definizioni di genere o affiliazione storica.
Incursioni nella musica antica, contemporanea, folk, drone music, techno e afrofuturismo fanno così del Festival di Barbieri un momento di eclettismo e di poliedricità che induce all’incontro. Il Festival si apre l’11 ottobre nel segno dell’acqua con un corteo musicale di barchini dell’artista multidisciplinare e musicista di origine boliviana Chuquimamani-Condori che attraverserà i canali di Venezia e culminerà in un concerto live di Los Thuthanaka, davanti al bacino delle Gaggiandre all’Arsenale.
Pianoforti a coda, percussioni e motori di vaporetto saranno poi in prima mondiale nel monumentale lavoro del compositore americano d’avanguardia William Basinski, che re-immagina i tape loops di Garden of Brokeness. E ancora suono e acqua al Teatro alle Tese nel Resonant Vessel del sound artist giapponese Yosuke Fujita, un’opera site-specific dove un organo a undici canne dialoga con un sistema di contenitori d’acqua, in cui liquido e aria interagiscono tra la dimensione terrestre e quella cosmica.

Esplora la relazione tra suono e cosmogonia The Expanding Universe, opera di Laurie Spiegel, concepita tra il 1974 e il 1977 e reinterpretata dal Dither Quartet di chitarre elettriche di New York. Dedicato a Catherine Christer Hennix, figura pionieristica la cui ricerca artistica spazia dalla composizione, alla performance, all’installazione, alla poesia, all’arte visiva e alla matematica, è la performance site-specific del Kamigaku Ensemble, dal quale proviene anche Ellen Arkbro, che presenterà una nuova composizione, commissionata dal Festival, per tre viole da gamba, un’opera che approfondisce ulteriormente la sua esplorazione del suono armonico e delle sue qualità trascendentali.
Frutto di una fusione tra la ricchezza espressiva e la potenza emozionale dell’organo da chiesa con una sensibilità musicale elettronica contemporanea è il lavoro di Maxime Denuc, Elevations, mentre la capacità ditrasformare il sassofono in un’estensione del corpo rendendo l’atto del suonare un’esperienza tanto visiva e fisica quanto sonora è propria del norvegese Bendik Giske, protagonista di Into the Blue. Tante le connessioni fra tradizioni musicali diverse che ampliano i confini della musica contemporanea presenti al Festival. Peacock Dreams è il titolo del concerto che vede in scena il poeta, rapper, compositore, vocalist egiziano Abdullah Miniawy con i trombonisti Jules Boittin e Robinson Khoury. Una nuova formazione in trio, che unisce influenze barocche e operistiche, temi sufi e copti, e motivi musicali provenienti dalla Penisola Arabica, fusi assieme alla sinfonia caotica del traffico del Cairo.

Un’ardita sintesi è anche quella operata dall’ensemble vocale Grandelavoix, guidato da Björn Schmelzer, con Epitaphs of Afterwardness, che porta al Festival il suo approccio trasformativo alla musica antica presentando un programma in cui la Messe de Notre Dame di Guillaume de Machaut, capolavoro della musica polifonica religiosa medievale. dialoga con i grandi rivoluzionari del XX secolo, György Kurtág, György Ligeti, Iannis Xenakis. La potenza trascendente e trasformativa della distorsione, della risonanza e del volume è alla base dell’espressività del duo drone metal di culto Sunn O))), formato da Stephen O’Malley e Greg Anderson, il cui suono monolitico sarà a Venezia con un set studiato ad hoc, mentre l’esplorazione della musica come principio generativo e forma di cosmogonia sta alla base del repertorio del FontanaMIX Ensemble, che mette in dialogo due figure di diversa provenienza storica e geografica ma accomunate da una ricerca sulla natura metafisica del suono: Giacinto Scelsi, il visionario compositore italiano di cui ricorre quest’anno il 125º anniversario della nascita e Vahid Hosseini, compositore nato a Tehran nel 1984, che a Venezia presenterà una nuova versione per ensemble della sua composizione Le sensibilità delle tenebre.

Sperimentazioni afrofuturiste e forme di avanguardia elettronica di matrice nera attraversano il Festival con il teorico, musicista, critico culturale, DeForrest Brown Jr. artefice del progetto elettronico Speaker Music, che incanala la tradizione modernista afroamericana della soul music e del ritmo, mentre nell’ambito dell’archeologia sonora etnografica la musicista e artista belga-congolese Nkisi coniuga strategie percussive provenienti dalle tradizioni musicali dell’Africa centralee occidentale a forme sonore rave, noise e industrial, per esplorare la memoria storica e pratiche ritualistiche collettive legate al suono e a stati di trance. Se la serata di apertura del Festival è affidata alla prima mondiale di Traveling Light di Rafael Toral, con solisti acustici – il clarinettista José Bruno Parrinha, il sassofonista Rodrigo Amado, il flicornista Yaw Tembe e la flautista Clara Saleiro, per la serata di chiusura, Ecco2k presenterà a Venezia un set esteso e immersivo al confine tra performance e dj set.
Programma completo sul sito www.labiennale.org