Festival(s) — 30/06/2012 at 07:33

La felice realtà di un festival tra Inequilibrio e un “orizzonte mobile”. L’inaugurazione del 29 luglio a Castiglioncello

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È consuetudine fornire ai media e al pubblico, prima del suo inizio, il programma delle intenzioni artistiche di un evento culturale qual’è  un festival di teatro. La diffusione tramite la stampa su carta o per mezzo dell’elettronica (il web avanza sempre più celermente, nonostante ci siano ancora delle resistenze tra gli addetti stampa restii a concedere accrediti ai critici di teatro ),  al fine di indirizzare appassionati e operatori del settore ( dal direttore artistico di un teatro e/o festival ai giornalisti, senza escludere l’appassionato e fedele spettatore, la cui adesione ad ogni appuntamento è fuori discussione.

Mancando il pubblico verrebbe meno l’intenzionalità di un evento, festival o rassegna che sia. Ma c’è anche un rovescio della medaglia su cui riflettere (sia per chi ha responsabilità di gestione ma anche per i cosiddetti fruitori del teatro), ed è una certa tradizione o consuetudine di frequentare i molteplici appuntamenti festivalieri, sparsi un po’ ovunque sul territorio, dove tutto si consuma per uno scopo ben preciso: esserci per dover esserci, visionare prime e debutti nazionali, al fine di scegliere e decidere se “acquistare” spettacoli da inserire nelle proprie stagioni teatrali. Sono intenti legittimi e fuori discussione, ma il rischio è, a volte, di trasformarsi in una vetrina per addetti ai lavori, dove la presenza di spettatori è giustificata dalla necessità di testare la bontà di un “prodotto artistico”, in grado poi di soddisfare le esigenze della “clientela”, ovvero il fruitore finale, senza il quale non il teatro non avrebbe ragion d’essere. Sono pensieri mattutini nati in treno, all’alba di un viaggio verso Castiglioncello, (Livorno) dove si inaugura la quindicesima edizione del Festival “della nuova scena tra teatro e danza”: Inequilibrio (Armunia),  (29 giugno all’8 luglio 2012), con la consapevolezza di partecipare ad un festival dove tali remore o dubbi, si sciolgono come neve al sole.

Il festival diretto per il secondo anno da Andrea Nanni ha una sua peculiarità ben precisa: amplia l’offerta di visioni diversi per linguaggio e generi, divisi per sezioni di teatro, danza e teatro- danza, una sezione dedicata interamente ai bambini, spettacoli creati da “artisti emergenti e maestri capaci di rimettersi in gioco… un teatro disposto a mettere da parte il virtuosismo per interagire con tutti”, siano bambini, adulti, anziani, diversamente abili. Perfino adolescenti di una casa famiglia e “giardinieri che sanno parlare alle fate” (Virgilio Sieni firma la sua nuova creazione: “I giardinieri e le fatine. E ancora, il progetto Foresta bianca dove un gruppo di giovani del territorio sta raccogliendo le storie degli abitanti di Castiglioncello, a partire dalle loro foto di famiglie.

 

Il decentramento voluto da Nanni ha permesso di far “espatriare” il festival anche fuori Castello Pasquini, sua sede storica, per giungere fino a Castelnuovo della Misericordia, Gabbro, Livorno, Nibbiaia, Rosignano Marittimo, Rosignano Solvay, Vada. Un esempio di come si possa coinvolgere un territorio come quello della Costa degli Etruschi e si affranca facilmente da essere considerato un evento troppo racchiuso e autoreferenziale. Non è certo il caso di Inequilibrio, dove tutte le maestranze locali, realtà sociali-culturali e perfino economiche come la gastronomia del territorio, trovano spazio e rappresentanza per offrire loro visibilità e possibilità di creare un indotto commerciale intorno alla vera e propria rappresentazione artistica. Sono pensieri di un viaggiatore dove il pensiero viene distratto dal paesaggio urbano che fa pensare che parlare di cultura e teatro sia qualcosa di superfluo. Paesi dove non circola nessuno, case sventrate dal sisma che ha colpito la terra emiliano romagnola, poderi rasi al suolo, campanili ingabbiati e pericolanti.

 

Teatri storici di tradizione lesionati così gravemente da mettere in pericolo la propria staticità. Una memoria storico culturale ferita nel suo animo più profondo. Viene da chiedersi: vale ancora la pena, allora, concentrarsi su come sia corretto o meno, gestire un festival? Come se tutto fosse opinabile e trascurabile rispetto ad un’emergenza economica, sociale, esistenziale molto più grave e drammatica, come lo è quella di migliaia di italiani che hanno perso beni e lavoro, e soffrono per la perdita di vite umane. Il quesito si fa prepotente e urgente nella sua complessità ma è altrettanto vero che una nazione non evolve, se non c’è impegno nell’investire sulla cultura. Anche quella del teatro contemporaneo di ricerca e sperimentazione. Tutto questo per giustificare il lungo preambolo, mentre il treno viene “assalito” da frotte di passeggeri disposti solo a pensare alle proprie e legittime vacanze ferie con destinazioni vacanziere e lidi marini.

 

Il mare c’è anche a Castiglioncello e fa da sfondo al festival presentato dalle parole di Cesare Garboli nel legittimare la sua esistenza: «Gioia effimera di una sera, il teatro esiste, si sa, nel momento in cui “avviene”, viatico di quell’esperienza di cui sono mediatori gli attori, e che tutte le altre arti messe insieme non riusciranno mai a regalarci: la rivelazione di esistere. Siamo tutti consapevoli di esistere, ma non è affatto questa consapevolezza a tirarci fuori da una prigione. Sopportiamo la rivelazione di esistere solo a intervalli, in rari, misteriosi momenti. Il teatro è uno di questi momenti.»

Un ragionamento in grado di diradare, se mai ce ne fosse bisogno ancora, ogni riserva ideologica a sfavore. E se non fosse sufficiente, ma come puro scrupolo, vale la pena soffermarsi sulle note di presentazione del programma da parte di Andrea Nanni. «Che cos’è la realtà? Un “orizzonte mobile”, ci suggerisce Wislawa Szymborska (poetessa polacca premiata con il Nobel nel 1966, ndr) per poi invitarci ad “afferrare con un solo sguardo tutta questa confusione”. Pur se orfani di riti e cerimonie, non ci rassegniamo alla mancanza d’ordine e di significato in cui, in realtà, inciampiamo a ogni passo. Sempre più ricchi di informazioni e sempre più poveri d’esperienza, paralizzati dal senso d’impotenza verso tutta questa confusione che non si lascia afferrare, non rinunciamo a sperare in una scoperta imprevista, un inciampo felice che ci restituisca il tempo perduto, che faccia tornare i conti.

 

Che cos’è la realtà?, chiediamo al teatro – e se lo chiede anche il direttore Nanni – e il teatro – insopportabile, direbbe qualcuno – per tutta risposta ci invita a sublimi frivolezze, per esempio “calpestare l’eternità con la punta della scarpina dorata” o “scacciare la morale con la falda del cappello”, come scandisce ancora la saggista e suggeritrice Szymborska. E il nostro bisogno d’ordine e di significati? Tanto peggio per noi. Il tempo breve del teatro – compreso tra l’alzarsi e il calare del sipario – si apre sull’orizzonte della vita per ricordarci che, nonostante tutti i nostri sforzi, i nostri conti con la realtà comportano sempre un resto. Che non si lascia interpretare. Che, invisibile, ci stringe la gola prima di sciogliersi in un pianto o una risata che non riusciamo a trattenere.

 

Che cos’è la realtà?, non smettiamo di chiederci. E il teatro – sempre più insopportabile, certo – per tutta risposta ci dona talvolta quella “rivelazione di esistere” che, attraverso la mediazione degli attori, ci consegna alla fragilità che tutti ci accomuna e che tutti temiamo. Dono in pura perdita, che per un momento – raro e misterioso, come precisa Cesare Garboli – ci strappa alla solitudine e ricostituisce una comunità ogni giorno silenziosamente sconfessata. I conti continuano a non tornare, lo sappiamo, ma per un momento siamo capaci di accettarlo e, per ringraziare di quella forza che ci siamo scoperti e che non credevamo di avere, battiamo le mani.»

 

 

( Fosca Rattingan Glumphoboo)

 

Rumor(s)cena ha il mandato di offrire “istruzioni per una visione consapevole”e anche in questo caso non si esime di farlo. Tra i molti titoli del cartellone si segnalano  Ombre Wozzeck di Claudio Morganti, la Compagnia Abbondanza Bertoni con Il ballo del qua e le Fumatrici di pecore, Leonardo Capuano che interpreta La sofferenza inutile, (liberamente tratto da La Rivolta di Dostoevskij), Alma Söderberg in Cosas, Claudia Caldarano e il suo Dialogo, Elias Aguirre e Alvaro Esteban in Entomo, Leonardo Diana, Verso la luce, Renata Palminiello in Maros, Scena Verticale e il loro Morir sì giovane e in andropausa, Stefano Massini Balkan Burger, Nerval Teatro di Maurizio Lupinelli che presenta il nuovo lavoro Che cosa sono le nuvole (da Pier Paolo Pasolini) e una particolare performance di Fosca (di e con Laura Dondoli, ideazione e regia di Caterina Poggesi) dal titolo intrigante: Rattingan Glumphoboo, liberamente ispirato a Orlando di Virginia Woolf-II studio, XIX-XX secolo. “… Unica presenza visibile è la figura androgina di Orlando-passato da uomo a donna in una vita che attraversa i secoli – in un discorso corporeo che si dipana tra l’acqua e le rocce, nella luna calante del giorno, in una dimensione onirica, ma anche nitida e reale”.

 

E se una dimensione reale come lo è il mare di Castiglioncello, offre al festival, la possibilità di integrare paesaggio a finzione scenica, c’è anche chi afferma come William Burroughs, che “la realtà non è che una possibilità, debole e fragile come tutte le possibilità”, parole che trovano senso nel presentare nel programma di Inequilibrio, lo spettacolo Reality di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini propongono (in prima nazionale) un lavoro dove “Realtà, reality senza show, senza pubblico. Essere anonimi e unici. Speciali e banali. Avere il quotidiano come orizzonte. È quello che fa Janina Turek, anonima casalinga di Cracovia che per cinquant’anni annota minuziosamente ‘i dati’ della sua vita in 748 quaderni trovati alla sua morte, nel 2000, dalla figlia ignara ed esterrefatta. Non si tratta né un’opera artistica né di un paradosso intellettuale, piuttosto un gesto che non si lascia spiegare, un gesto da cui partire per chiedersi che cos’è la realtà e come la si possa raccontare oggi.” Una creazione per la scena desunta dal reportage di Mariusz Szczygiel, giornalista e scrittore polacco.

 

Dalla realtà della scena alla realtà quotidiana dove entra in “gioco” il pallone da calcio.

 

La squadra italiana in finale agli europei di calcio, ha costretto al festival Inequilibrio, domenica 1 luglio, di  subire variazioni di orario nel programma per permettere agli spettatori “tifosi” di vedere la partita della Nazionale. Domenica 1 luglio il festival inizia alle 17,30 al castello Pasquini con Virgilio Sieni e il suo“In ascolto” con le danzatrici Noemi Biancotti, Emma Pellegrini e Linda Pierucci, (programmato in precedenza alle 20. 30. Alle 18 al Teatro L’ordigno di Vada, “Onirica, arsenic dreams” di Matteo Fantoni, alle 18,30 come da programma, va in scena al castello Pasquini la compagnia InQuanto teatro con Il gioco di Adamo. Alle 19.30 la compagnia Zaches Teatro presenta a castello Pasquini, Lost in time #3 . Vengono invece anticipate di un’ora ciascuno le due repliche degli altri spettacoli di Virgilio Sieni, “I Giardinieri e le fatine”, alle ore 18.30 e alle ore 19.30 nel parco del castello. Anticipato anche lo spettacolo degli Omini L’uovo e il pelo alla Pineta Marradi, Prato del Cardellino, alle ore 18.30 e non alle 21,30. Lo spettacolo di Antonio Tagliarini e Daria Deflorian Reality”, ispirato allo straordinario reportage del giornalista polacco Mariusz Szcygiel e programmato a Livorno, al centro artistico Il grattacielo per le 22, sarà anticipato alle 19. Resta confermato lo spettacolo delle due danzatrici: Alma Soderberg con Cosas e a seguire Claudia Caldarano con Dialogo, ore 22 castello Pasquini. Lo spettacolo per bambini e adulti di Ca’ Luogo d’arte, è stato cancellato . La diritta via, in calendario alle 21.30 in piazza Garibaldi a Vada.

 

Una nota di colore e di talento è quello creato dalle mani sapienti di Roberto Nanni. Le borse del festival sono state confezionate a mano, utilizzando tessuti colorati e originali donati dagli organizzatori di Inequilibrio. Un simbolico gesto che unisce arte e gestione oculata delle spese. Una felice idea.

 

Il programma completo del festival è pubblicato su www.armunia.eu

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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