Teatro, Teatrorecensione — 17/03/2013 at 23:24

Quella maledetta nube che costringerà a diventare una “Anima errante” per continuare a vivere

di
Share

10 luglio 1976, una data che non potrà mai essere più dimenticata per gli abitanti di Seveso. Una nube di diossina fuoriuscita da uno stabilimento a nord di Milano causerà uno dei più gravi disastri chimici della storia d’Italia. È stato dimostrato che a distanza di così tanti anni gli effetti a lungo a termine e nocivi sono ancora ben presenti. Si possono riassumere con parole quali leucemie, tumori, linfomi. E a dimostrarlo (ahimè) sono stati i ricercatori universitari di Milano. Dal giorno maledetto della fuga dovranno trascorrere ben 16 giorni, prima che le autorità preposte si decidano di far evacuare la popolazione contaminata.

Troppo tardi. Uomini, donne, bambini, subiranno effetti letali e mortali per l’esposizione alla micidiale diossina. Sostanza altamente cancerogena e usata ai tempi della guerra in Vietnam, ovvero il famigerato napalm. Fin qui la cronaca di una tragedia che non ha ancora una parola fine. Dalla realtà al teatro dove sul palcoscenico del Tieffe Menotti la mortale vicenda si è materializzata grazie alla volontà produttiva dello stesso Teatro in collaborazione con l’Associazione Proxima Res, le Fondazioni Istituto Dramma Popolare di San Miniato, Tra Sacro e Sacromonte e Paolo VI per il Sacromonte di Varese, si è potuto rivivere il dramma attraverso le parole e le gesta che compongono Anima Errante, la drammaturgia scritta da Roberto Cavosi e diretta registicamente da Carmelo Rifici.

Bastano pochi elementi scenici e molta polvere sollevata da una sinistra e terrificante sabbia nera deposita sul proscenio. Simbolica quanto basta per creare la suggestione terrifica di stare in mezzo ad una nuvola di qualcosa che ti entra dentro e distrugge tutte le cellule sane di un essere umano. Gli abitanti di Seveso sanno bene cos’è: si chiama cloracne. C’è una donna in scena ed è interpretata da Maddalena Crippa dolente nel suo errare in cerca di aiuto e in preda ad un tormento esistenziale. C’è di mezzo un figlio che deve venire al mondo e quello che si prospetta non è di certo il migliore. E lei deve decidere se partorire o abortire. Una tragedia nella tragedia: sanitaria, sociale, personale, affettiva e materna. La fede è l’unica ancora di salvezza per poter scegliere e far nascere il proprio bambino. Ad una condizione però: uno scambio tra la futura mamma e la Madonna, le due figure dovranno scambiarsi i ruoli.

Il regista Rifici dosa sapientemente tutti gli elementi drammaturgici contenuti nel testo di Cavosi, senza trarne una lettura dai facili rimandi retorici o polemici, vista l’implicita denuncia nel raccontare una delle vicende più sconvolgenti accadute in Italia (da Seveso in poi l’ambiente, la natura, e la popolazione è stata oggetto di ferite e lacerazioni mortali, vedi anche l’amianto …). In Anima Errante il dramma emerge dalla testimonianza della figura femminile, la donna, la terra madre si potrebbe dire, da dove si origina la vita ed è fertile per sua natura. E a farlo è la sofferenza che invade la scena grazie alla figura quasi ieratica di Maddalena Crippa. La recitazione è asciutta tesa sempre a rendere per quadri scenici brevi e fulminei la narrazione degli eventi, mescolando citazioni storiche, inserti filmati dell’epoca e sintetiche rappresentazioni simili a liturgie di epoche antiche. C’è la volontà di creare spaesamento nell’assistere alla tragedia, come se l’occhio esterno dovesse subire una forte emozione di incredulità per quanto accade.

La cifra stilistica di Rifici è sempre presente nelle sue regie e la si nota come un risultato complessivo di amalgamare con esito felice e sapiente un genere di teatro sì sociale ma mirante anche ad una rappresentazione espressionista, dove lasciare spazio a connotati forti, di denuncia per la mano dell’uomo incapace di preservare il bene comune e la sua stessa vita. La donna è l’unica che cerca di salvare il proprio figlio e quindi il futuro stesso dell’umanità e il suo grido di dolore svanisce nella micidiale polvere mortale. Maddalena Crippa è capace di trasformarsi gradualmente da madre a Madonna, lei una donna che cerca disperatamente di preservare il “frutto del grembo tuo” assumendo alla fine le vesti e la postura rappresentata nell’iconografia cattolica della madre di Gesù. Un destino accomunato dal rischio di perdere la sua creatura e di colei vede portarsi via il figlio crocifisso. Non incorre mai in facili pietismi e la guida sicura della regia evita lo scadere nel patetico dove lasciar spazio a sentimenti lacrimosi o suggestionati dalla matrice religiosa che si viene a creare. La laicità del dolore umano è più forte di ogni credo e non può essere altrimenti.

La bravura di Maddalena Crippa è ben supportata da Francesco Colella, altrettanto efficace nel calarsi prima nel ruolo del cinico personaggio che bada agli interessi dell’azienda e poi il marito di Sara, dove la sua decisione è quella di far abortire la moglie. Non per eludere una responsabilità di genitore o per paura di un figlio segnato dalle cicatrici che la diossina lascerà sui corpi di chi era già in vita ma anche delle future generazioni. La sua è la risposta furiosa e rabbiosa per chiudere un capitolo di vita da dimenticare, azzerarlo e cercare una nuova meta, una nuova terra più sana e incontaminata. Una fuga senza portarsi via un fardello scomodo. La dinamica tra i due è resa con maestria da entrambi capaci di creare momenti di forte contrasto emotivo riversati sulla scena. E intorno a loro le altre tre figure femminili che creano una sorta di coro che sottolinea i momenti più salienti della narrazione alternata all’accompagnamento canoro e alla danza. Materica nella sua semplicità la scenografia crea il giusto habitat dove incombe fino alla fine, la tragicità di una storia rappresentata a teatro ma accaduta nella realtà di una nazione poco propensa a difendere se stessa. Il testo di Cavosi trova la sua compiutezza nella creazione scenica dove la veridicità della storia si mescola all’astrazione artistica affidata a Carmelo Rifici e a alle interpretazioni di tutto il cast che compone Anima Errante.

di Roberto Cavosi

con Maddalena Crippa, Francesco Colella, Carlotta Viscovo e con Francesca Mària, Stefania Medri, Raffaella Tagliabue
regia Carmelo Rifici

scene Daniele Spisa

costumi Margherita Baldoni

canti a cura di Emanuele De Checchi

luci Matteo Crespi

Visto al Teatro Tieffe Menotti di Milano il 27 gennaio 2013

Share

Comments are closed.