L’Edipo Re di Sofocle, per la regia di Daniele Salvo, nell’immoto e sacro luogo celebrato dallo splendido scenario del teatro greco di Siracusa, edificato nel V secolo a. C., si pone con dirompente scisma, allestito attraverso lo stilema di una tragedia cyberpunk, con contaminazioni cinematografiche e attingendo alla tradizione del graphic novel statunitense degli ultimi trent’anni, ma anche al fumetto all’italiana che trae ispirazione dal dramma borghese di più antica memoria. Cadaveri sparsi e carcasse prive di testa sulla scena vuota sormontata da tre ottagoni circolari dalla fortissima valenza simbolica ma esotericamente regolare, accolgono il coro dei fanciulli dell’Accademia d’Arte del Dramma Antico, che su questo scenario post-apocalittico inneggia un Và Pensiero, in occasione dell’anniversario verdiano. Tra le tragedie più rappresentate dall’Istituto Nazionale del Dramma Antico l’Edipo Re sofocleo, non può non inaugurare la stagione che simbolicamente apre il centenario della Fondazione che ha ospitato traduzioni e opere di intellettuali e registi emblema del contemporaneo; tra i più rappresentativi si ricordino: Edoardo Sanguineti, Pier Paolo Pasolini, Krzysztof Zanussi, Mario Martone.
La piéce ha inizio dalle metaforiche viscere del materno antro teatrale, da una botola appaiono le inquietanti mani verniciate di nero di una figura femminile estremamente sensuale, che indossa un costume che sembra fare il verso alla tutina indossata da Eva Kant nella sua “seconda identità”. A generare un’immediata inquietudine è il volto di questo Spettro della Sfinge interpretato da Melania Giglio che si configura come figura fantasy, e che vediamo spesso sulla scena incarnare una verticalità, metaforizzata peraltro dal dispiegarsi delle sue ali nere fino in cima alle mura della città di Tebe, nell’ultimissima scena finale, con ciclica esigenza. Alla Sfinge saranno infatti affidate le battute che chiudono la tragedia, quasi a volere collocare necessariamente in un recitato, un’interprete che aveva sin dall’inizio incantato e reso apprezzabile la sua capacità canora e la prorompente e generosa forza fisica e coreografica.
Sarà inoltre lei ad introdurre Edipo, dall’enorme amletico teschio che sovrasta la scena, simboleggiando al contempo anche il palazzo del re ed un’eccentrica citazione sacrilega, quando tale volto verrà rigato da lacrime di sangue di un didascalico rosso e non nero, tuttavia come ci si sarebbe aspettati attingendo a un riferimento a quel colore che ha connotato l’intera messa in scena. De Salvo intende forse omaggiare la Madonna piangente, nel miracoloso evento del 1953, caro alla cristianità cattolica o semplicemente la Madonna delle lacrime, simbolo della città di Siracusa, caro al turista religioso; o semplicemente ispirandosi al viso che campeggia in un altro recente “Concetto di volto del Figlio di Dio” di Romeo Castellucci.
Edipo/Daniele Pecci porta una treccia da guerriero tra i capelli e condivide con la Sfinge il costume in lattice che ne evidenzia le forme, quasi a volere sottolineare la colpa di cui si rende vittima e artefice, giustificandola con la sua inevitabile sembianza fatale, mal celata da un enorme cappotto di pelle nera, evocativo nel suo richiamo a quello indossato da Laurence Fishburne/Morpheus nella trilogia di Matrix. Le musiche sapienti e originali di Marco Podda sottolineano egregiamente l’atmosfera cara alla dystopia di una science fiction, che evoca sonorità che tramano riferimenti alle celebri soundtracks dei Vangelis, in un Ridley Scott del 1982, senza il quale l’intero filone a cui s’ispira anche questa tragedia di Salvo non avrebbe motivo d’essere.
Il coro dei saggi e vecchi canuti è interpretato da figure tutte uguali che ricordano atmosfere care all’Edipo pasoliniano, ma che indossano una maschera dalla connotazione duplice, con l’intento evidente di unire la tradizione al postmoderno e pertanto la “maschera-persona-volto” di connotazione classica, sfruttando così le modalità tecniche di amplificazione che essa offre, e ritrarre anche evidentemente il viso deforme e il costume del noto Mr. Yellow Bastard del Sin City di Frank Miller. La peste viene ritratta con una composizione di simmetrie che esplode in un calcolato dispendio di fiamme che vengono fuori dagli ottagoni, accompagnate da Erinni che poco graziosamente si dispongono intorno alla Sfinge, truccata evidentemente imitando il volto del Baron Samedi come in un rito funereo vudù che si stia svolgendo ad Haiti. L’organo insanguinato generato da un vaticinio supplice è gettato da un eccellente Tiresia/Ugo Pagliai e contamina solo le mani e palmi come specchi di luce e la parola di coloro a cui sono affidate le battute che sveleranno l’incesto che si cela nel palazzo. Creonte, interpretato da Maurizio Donadoni, esibisce un vestiario sadomasochista da domatore circense, mentre Giocasta/Laura Marinoni, indossa una corona nera da soubrette anni ’20 e mostra anch’essa un corpo giunonico come il fratello di copione, evidenziato da ampi lacci neri che le fasciano le braccia.
L’incredibile e ben fatta regia di Salvo vuole ricreare la figura di una Pietà vaticana e pertanto allestisce infatti una Giocasta che stringe al seno quasi allattandolo Edipo e narra dell’oracolo di Apollo coinvolgendo il figlio-amante-marito in un racconto sottolineato da uno scampanio che ne sancisce l’inevitabile accadimento, come in un duello alla spaghetti western, ma nessuna reazione sembra coinvolgere Edipo, incantato o forse pacificato dall’abbraccio che si ricompone nel rebus di ombre create sulla scena dalle luci, quando ormai è giunto il tramonto.
Visto l’11 maggio presso il Teatro greco di Siracusa, Stagione INDA 2013. Repliche al Teatro greco di Siracusa fino al 22 giugno
Edipo re di Sofocle
Traduzione: Guido Paduano
Regia: Daniele Salvo
Impianto scenico e costumi: Maurizio Balò
Musiche: Marco Podda
Movimenti: Antonio Bertusi
Regista assistente: Emiliano Bronzino
Assistente scenografo: Antonio Cavallo
Scultore: Marco Di Battista
Progetto audio: Vincenzo Quadarella
Progetto luci: Elvio Amaniera
Costumista assistente e responsabile sartoria: Marcella Salvo
Direttore di scena: Marco Albertano
Assistente alla regia: Rossella Caruso