Una risposta possibile a questo momento arriva, almeno nelle intenzioni, da un’istituzione romana importante e riconosciuta internazionalmente: RomaEuropa. ll programma del 2013: Emanuel Gat, Thomas Ostermeier, Antonio Latella, Sasha Walz e Carlo Boccadoro, appartenenti a una generazione che con energia da anni sta indicando le vie possibili nella creatività contemporanea. Artisti più giovani quali Alessandro Sciarroni, Tabea Martin e Simona Bertozzi, e altri in gara tra loro per una residenza nell’estate 2014 al Palladium: Nicola Galli, Claudia Catarzi e Anna Basti che aprono l’edizione 2013 di DNA (Danza Nazionale Autoriale). Tutto questo sotto il titolo bello e convincente che già ci fa sperare: THE ART REACTS. Accanto ad artisti ammirati e riconosciuti per l’apporto tecnico e artistico, che hanno dato al mondo internazionale della performance, anche grandi personalità creative poco riconosciute in Italia, nuovi volti per palchi istituzionali, rivestiti di una patina di design che RomaEuropa, con un’attenzione alla comunicazione come arte-artefizio sa dare a tutto ciò che presenta. I luoghi coinvolti sono il Teatro Argentina, il Teatro Vascello, Villa Medici, l’Auditorium Conciliazione, il Teatro Eliseo, il Macro Testaccio, il Maxxi, l’Opificio Telecom Italia, le Carrozzerie N.O.T., il Brancaleone, il Teatro Biblioteca Quarticciolo e il Palladium.
Monique Veaute, presidente della fondazione, legge alcuni dei saluti istituzionali, segno di un’assenza che si spera non si ripeterà durante tutta la rassegna, riconoscendo finalmente alla cultura il ruolo di ispiratrice anche nelle pratiche della vita pubblica. Il nuovo sindaco, Ignazio Marino, palesa nella sua lettera il proprio impegno ad aggiungere al festival il concerto del Coro Ert, la cui ultima esecuzione con l’Orchestra Sinfonica Nazionale Greca, ha segnato un momento storico del nostro tempo.
Si parte con The Goldlandbergs, poema sonoro di Emanuel Gat, dedicato alla complessa natura delle relazioni e a Glenn Gould, di cui i corpi condividono polifonia e contrappunto fino a costruire una fuga. Sasha Walz rielabora dei lavori pensati per due grandi spazi espositivi in una ricerca di potenze archetipiche ed arcaiche, una dimensione architettonica che corrisponde alla musica sinfonica di Edgar Varèse, Arcana, a quella percussiva di Iannis Xenakis, Rebond B, e a quella di Claude Vivier. Interessante anche il lavoro di Yasmeen Godder che con See her Change si concetra sulla femminilità come trasformazione perpetua, conflitto tra interiorità ed esteriorità, donna come essere fluido inquieto, inafferrabile. Riprende la fragilità della vita umana Alessandro Sciarroni in Untitled – I will be there when you die dove distrugge gli stereotipi dell’arte circense, rubando il gesto codificato e restituendolo nella delicatezza della danza. Sul piano intimo si pone anche il lavoro di Simona Bertozzi, Orphans che indaga sulla privazione, sul distacco e sulla vertigine della conquista, affiancato sul palco al lavoro di Erico Pitozzi, Croma. E poi Thomas Ostermeier, presentato con particolare orgoglio da Grifasi, che porta sulla scena il capolavoro di Henrik Ibsen, Hedda Gabler, un ritratto di donna crudele nel desiderio insoddisfatto d’indipendenza, anche con sé stessa. Dada Masilo’s Swan Lake porta sul palco il virtuosistico metissage di fluidità e naturalezza, la sensuale scoperta dell’amore e della propria sessualità nel melanconico simulacro del cigno.
Non mancano i tributi ai grandi sperimentatori della musica del Novecento reinterpretati da artisti contemporanei come i Naturliche Dauern di Stokhausen, eseguiti dal maestro Carlo Boccadoro, come Il suono sospeso che porta all’attenzione del pubblico la passione sperimentalista di Luciano Berio e quella avanguardista che caratterizzava l’impegno politico di Luigi Nono e l’incrociarsi delle strade di questi grandi artisti con le poetiche del Gruppo 63, o come In my end is my music, lavori per musica elettronica di Luciano Berio, nella realizzazione di Francesco Giomi di Tempo Reale (centro per le nuove tecnologie fondato dallo stesso Berio a Firenze), abbinati ai video di Devis Venturelli. Harawi di Olivier Messiaen, ciclo di lieder tra i più affascinanti del secolo, viene totalmente trasformato da Santasangre in un’opera multimediale dove indaga l’amore profano, attraverso i miti di Tristano ed Isotta, il folclore amerindio, e i miti d’amore e morte peruviani.
Tebea Martin si dedica alle questioni sociologiche, al comportamento umano nella quotidianità e in particolare all’ambiente lavorativo con Duet for two dancers. Al centro l’ansia delle aspettative, proprie e della società, dei canoni imposti dal proprio ambito lavorativo, e la paura delle scelte continue affrontati con ironia ed eleganza. Good Vibrations, vincitore del concorso “Ripensando Theremin”, della compagnia Cani, recupera il passato come nutrimento (Beach Boys) invitando lo spettatore in uno spazio mappato di sensori low cost: Leon Theremin appare artefice e vittima della società del controllo come i corpi dei danzatori e del pubblico in uno spazio che stimola e sorveglia, tra tortura e gioco. Da un romanzo greco di Petros Markaris, e dal suo finto evento di cronaca, poi diventato fin troppo realistico, i suicidi in tempo di crisi, prendono spunto per il loro nuovo spettacolo Daria Deflorian e Antonio Tagliarini, “Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni”, dove la crisi italiana pare una metafora di quella greca e l’atto del suicidio diventa fatto politico, rifiuto della nostra società stanca, assertiva ed ottimista perché incapace di altro. Marcos Morau e La Veronal con Siena ci riportano al Rinascimento, come epoca in cui l’uomo acquisisce la propria consapevolezza: percezione e autorappresentazione della bellezza e miseria umana sono al centro del suo lavoro e della performance. La Socìetas Raffaello Sanzio con Romeo Castellucci presentano The Four Season Restaurant, simbolo del rifiuto dell’artista, della negazione dell’immagine, negazione come inizio ma anche rifiuto come solitudine, un atto di cesura dal contratto sociale.
L’opera di Sebastian Rivas, Aliados [Allies], parte da un incontro storico, avvenuto tra il 1998 e il 2000, tra Augusto Pinochet, detenuto a Londra, e Margaret Thatcher, il primo affetto da demenza senile e la seconda da Alzheimer, per focalizzare con ironia sui revisionismi, sugli aggiustamenti della memoria dell’individuo e della società. Antonio Latella porta la terza parte di una trilogia dedicata alla menzogna: Die Wohlgesinnten, dal romanzo di Jonathan Littell, con gli attori della Schauspielhaus di Vienna. Fabrizio Grifasi, direttore di RomaEuropa dal 2008, nella conferenza stampa confessa che da tempo voleva inserire il lavoro di Latella nel programma e quest’opera per taglio e ambizione si è prestata perfettamente. Un ritratto psicologico del protagonista, Maximilian Aue, un criminale delle SS, raffinatissimo intellettuale, cosciente di cosa commetteva, viene tracciato, raccontata la sua formazione, iniziazione e cedimento al male. Delle dinamiche del potere si occupa anche la leggendaria creazione di Jan Fabre, The Power of Theatrical Madness, dove non più messa in scena il teatro diventa strategia, gioco crudele. Di giochi crudeli riprende a parlare Crash, tratto dal romanzo di James Graham dove un gruppo di persone si eccita grazie a incidenti stradali, la modernità come perfetto terreno di cultura delle ossessioni reso dalle musiche di Teho Teardo, dalla recitazione di Michele Riondino e dalle fotografie di Alessandro Imbriaco. Marco D’Agostin con Per non svegliare i draghi addormentati affronta il perenne luogo verso cui correre, la perdita del potere e la conseguente ricostruzione dell’immagine.
I temi ambientali e gli effetti dei cambiamenti climatici in una poetica della testimonianza sono, con riprese video dal Vietman e dalla Cina, i protagonisti di Sfumato del coreografo Rachid Ouramdane che sottolinea la fragilità delle persone comuni, un lavoro che si poggia sulla musica di Jean-Baptiste Julien. Anche When we were Old di Emmanuel Jouthe e Chiara Frigo parla di ambiente: una foresta pluviale trasformata in città e una vecchia stazione di benzina in un parco; focalizza così sulle dinamiche cicliche di decostruzione e ricostruzione, compenetrazione di urbano e primitivo, vecchio e nuovo.
Il festival non è per niente eurocentrico e cerca risposte in diversi continenti, come in Africa. Panaibra Gabriel Canda con Time and Space: Marrabenta solos tratta dei depositi della storia e delle manifestazioni della vita sociale decostruendo gli stereotipi culturali e politici sul continente, accompagnato dal vivo dalla chitarra rock di Jorge Domingos. Ospite del festival anche Gihan Muta Imago, blogger e giornalista egiziana, che non nasconde le sue idee socialiste, protagonista della rivolta di piazza Tahrir; è l’occasione per riportare all’attenzione le primavere arabe con elementi reali, addirittura di cronaca con lo spettacolo Pictures from Gihan. Un progetto afro-futurista, dalle tradizioni dell’Africa alla diaspora nera risultato sia di schiavitù che d’immigrazioni, è al centro dell’incontro al buio tra Dj Khalab e Baba Sissoko: Back to the future of ancient Africa. Bombino, distorsione di bambino, è uno dei più significativi rappresentanti del Tuareg blues, come ci tiene a sottolineare orgoglioso Grifasi. Esiliato dal Niger, dove la chitarra ai tuareg è stata proibita perché forma di dissidenza, ha trasformato il suo nomadismo musicale da sahariano a internazionale; le sue sono canzoni che inneggiano alla libertà. Qudus Onikeku, coreografo nigeriano, al terzo episodio della trilogia sulla solitudine, sulla tragedia e la memoria, Qaddish, si concentra sulla relazione con il proprio padre.
Tutto ciò è contornato da un lodevole sforzo di coinvolgere il pubblico come parte attiva, un compito che viene affrontato, come tutto il resto, come parte della ricerca artistica: il festival si nutre di laboratori di videodanza, di scrittura critica, cicli di lezioni su danza e storia, percorsi visivi per adolescenti e di creazione di contenuti artistici, d’interviste radiofoniche ai protagonisti dopo gli spettacoli (Appena Fatto! curato da RadioTre), incontri-dibattiti con il pubblico su temi artistici, proiezioni video e due festival nel festival: Sensoralia e Digital Life. Viva! è il titolo di Sensoralia quest’anno, rassegna di musica nuova, curata dal mitico Pino Saulo con la redazione di Battiti, il programma di RadioTre della mezzanotte. Si svolgerà al Brancaleone e all’Opificio Telecom Italia dal 28 settembre al 23 novembre presentando un programma eterogeneo e raffinato, da Ninos Du Brasil con ospite speciale Nico Vascellari a Carla Bozulich. Digital Life 2013 riprende un tema, il paesaggio urbano con i suoi mutamenti ed evoluzioni, caro anche a molti spettacoli presentati, sotto il titolo Liquid Landscapes, che dal 10 ottobre al 1 dicembre, al Macro Testaccio, al Maxxi e all’Opificio Telecom Italia, presenterà installazioni multimediali, ambienti sonori, opere interattive, incontri. In particolare il Maxxi ospiterà la nuova creazione di Daniele Puppi, artista friulano attivo tra Italia e Londra, che realizzerà un’installazione video/sonora appositamente per l’occasione e per il luogo. Il Macro modula la sua proposta nei due padiglioni differenziandoli nel contenuto e nell’idea già dal nome: The world You Know, che testimonia, offre la visione e gioca con il cangiante paesaggio e la presenza/attività umana, e The World You Own, la rielaborazione elettronica che esplora la tecnologia come in un laboratorio. Quest’anno la rassegna è segnata da una nuova importante collaborazione con il centro francese Le Fresnoy, Studio National des Arts Contemporains, nell’ambizioso progetto di creare qualcosa di simile nella capitale italiana.
Veaute ha espresso il desiderio che con la rassegna il confine tra arte, danza, design, fotografia e teatro venga superato. Sicuramente RomaEuropa ci è vicina, se non oltre avendo incluso marketing, comunicazione e tecnologia. Un programma, disponibile anche in app, ricco, avanguardista e coinvolgente: provocazione e risposta alla società in crisi che sembra aver esaurito, con i soldi, le risorse spirituali ed etiche. Speriamo che funzioni.