Recensione di Patrizia Binco
Le Ballets Jazz de Montreal, la compagnia ICKamsterdam di Emio Greco e la Kibbuz Contemporary Dance Company sono state le principali compagnie ospiti della prima settimana della ventinovesima edizione del Festival Bolzano Danzache si svolge a Bolzano dal 15 al 27 luglio.
Barak Marshall è un coreografo israeliano di origini californiane del quale al Teatro Comunale è stata rappresentata “Harry”, un originale lavoro coreografico danzato dai ballerini del Ballet Jazz de Montreal che coniuga danza, musica e recitazione creando una sorta di “short story” dal gusto cinematografico che ruota attorno al personaggio di Harry, un giovane uomo che cerca di vincere la sua battaglia d’amore, ma viene continuamente ucciso e perseguitato da un gruppo di giovani uomini e donne che gli sono nemici.
Ballet Jazz de Montreal
Ecco dunque che lo vediamo “morire” e “resuscitare” più volte, nel disperato tentativo di conquistare la sua donna, mentre la scena si ripete più volte come succede al cinema quando in un film si ha bisogno di diversi ciak prima di arrivare al risultato voluto alla ricerca, nel caso di questa coreografia, di un equilibrio tra l’energia maschile e quella femminile. Uomini e donne si sfidano gli uni con le altre sulle note di un travolgente mix musicale che unisce brani cantati da Maria Callas a Tommy Dorsey, Wayne Newton e Varsavia Village Band, sui quali i ballerini costruiscono una danza dinamica, travolgente e piena di esuberante vitalità, alternando alla danza momenti di recitazione che a tratti rasenta la comicità, nei quali parlano di se stessi e delle loro disavventure.
Figlio della grande coreografa e danzatrice Magalit Oved, Barak Marshall rappresenta un prodigioso melting pot. Laureato ad Harvard in Filosofia e Studi Sociali, è cresciuto fra Tel Aviv e la California; si è imposto nel mondo della musica come una delle più innovative voci soliste di Israele. E’ quindi arrivato al mondo della danza nel 1995 raccogliendo subito consensi unanimi. E’ stato anche direttore artistico della Batsheva Dance Company ma poi, in seguito ad un incidente ad una gamba, Marshall non può più danzare e preferisce così intensificare la propria attività accademica negli States..
La cifra stilistica di Cayetano Soto è completamente diversa da quella di Marshall, più asettica, meno comunicativa, ma nello stesso tempo più intellettuale e più tecnica dal punto di vista stilistico.
Con Zero in on, su una celeberrima partitura di Philipp Glass, il coreografo spagnolo indaga la capacità di sincronizzarsi con l’altro in un passo a due che si concentra sul gioco di scambio nella coppia. Un danzatore e una danzatrice, inguainati in una calzamaglia color carne, compiono evoluzioni quasi acrobatiche senza staccarsi mai uno dall’altra, mentre sullo sfondo una fila di fari sembra essere precipitata casualmente sul palcoscenico, come per disturbare lo spettatore abbagliato dalle luci. Pur essendo molto tecnico il passo a due risulta comunque essere anche di grande impatto emotivo, come un lungo respiro che porta quasi all’apnea, per la velocità e la difficoltà dei movimenti compiuti dai due danzatori che concludono la loro performance con un abbraccio finale.
In Fuel invece, il cui titolo deriva dall’omonima partitura per orchestra d’archi di Julia Wolfe che trasforma il suono dello strumento a corda in un rumore metallico, in un sferragliamento tipico delle macchine moderne, Soto cerca nei corpi la medesima idea di “motore propulsore” e la coreografia si trasforma in un gioco aggressivo che sembra togliere il fiato allo spettatore, il quale rimane comunque sempre con una soglia di attenzione molto alta.
Al Teatro Studio di Piazza Verdi a Bolzano, sempre nell’ambito del Festival Bolzano Danza il coreografo brindisino Emio Greco, che però ha trovato la sua sede artistica in Olanda dove insieme al coreografo e regista Peter Sholten ha fondato nel 1995 alla Emio Greco Pc e in seguito il centro di ricerca per le arti coreografiche ICKamsterdam inaugurato nel 2009, ha presentato “Double Point”.
Per la prima volta a Bolzano Danza, Emio Greco ha creato una nuova piéce ispirata a tre eroine della storia e della letteratura che Giuseppe Verdi ha messo in musica. Tre icone del melodramma italiano che con la loro personalità sono andate contro gli stereotipi femminili, ovvero Violetta, protagonista della Traviata, Giovanna D’Arco e Desdemona.
Emio Greco
Da sempre interessato al corpo e alle sue potenzialità espressive che oltrepassano la danza sconfinando nel teatro, nel mondo dell’arte e della musica, Emio Greco è in questa perfomance particolarmente interessato a queste tre figure femminili il cui destino è inesorabilmente segnato dalla morte, una morte che verrà data da loro da un uomo o comunque da una società maschile e maschilista che vuole comunque sempre più prevaricare sulla donna, continuando a possederla sia dal punto di vista fisico che del potere.
Donne che vogliono comunque rivendicare la loro indipendenza e il loro desiderio di vivere e di amare e che oggi come ieri sono segnate da un destino tragico che le porta alla morte. Tema sempre più attuale se si considerano gli episodi di violenza su donne che leggiamo ormai quasi quotidianamente sui giornali. Greco sistema i tre personaggi femminili ai margini di un palcoscenico che sembra un ring circondato dagli spettatori, ognuna di loro siede tra il pubblico, indossando un impermeabile di colore diverso. Da una iniziale e ironica leggerezza dell’apertura della piéce si passa ad uno scuotimento di corpi che cercano di liberarsi da una ancestrale oppressione che le porterà al loro tragico destino. La ricerca del coreografo, che alla fine della rappresentazione ha incontrato il pubblico spiegando di esser interessato ad una continuazione di questo lavoro sulle eroine verdiane e di voler lavorare anche con dei soprani, è centrata soprattutto sulla ricerca di un movimento interiore che esprime la tragicità di un destino segnato dalla morte.
Kibbuz Contemporary DanceCompany
(crediti fotografici di Piero Tauro)
Al Teatro Comunale di Bolzano è tornata ad esibirsi, dopo esser stata ospitata nella edizione del 2008, la Kibbuz Contemporary DanceCompany diretta dal coreografo israeliano Rami Be’er nato in una famiglia di musicisti sopravvissuta ai campi di concentramento. In “If At All” (titolo che potrebbe essere tradotto con Semmai) pur non essendoci alcun intento narrativo, il coreografo intende però rappresentare il cerchio della vita nel suo continuo fluire dalla vita alla morte, in un viaggio emotivo che tocca il cuore e la pancia dello spettatore attraverso il multietnico incontro e scontro tra culture e spiritualità diverse. I suoi bravissimi danzatori mettono in atto una riflessione sulle possibili “relazioni pericolose” che avvengono tra le persone, attraverso un collage di musiche e danze che uniscono il passato e il presente, la società di ieri e di oggi.
Visto al Teatro Comunale di Bolzano il 15, 16 e 18 luglio 2013
Il Festival Bolzano Danza prosegue fino al 27 luglio
www.bolzanodanza.it